
di Letizia Piredda
E’ tutta sottotraccia la storia che Ozon ci propone in questo film, fuori dai generi: poliziesco? horror? thriller? noir? Oppure un perfetto mix di tutti questi generi insieme? Comunque sottotraccia, sotterraneo, sotte le foglie, appunto. Sotto le foglie possiamo trovare una lucertola, ma anche una vipera o un serpente, funghi buoni ma anche funghi velenosi, o addirittura un cadavere come avviene nel celebre The trouble with Harry (1955)di Hitchcock.
Un piccolo paese nella campagna della Borgogna, una dolce signora anziana, Michelle, che deve preparare la cena: è in arrivo la figlia Valerìe con il suo adorato nipote Lucas. Insieme alla sua amica va a prendere dei funghi.



Ma tra madre e figlia c’è un attrito insanabile, e la figlia pretende qualsiasi cosa come risarcimento di un rapporto disfunzionale: questa volta vuole quella casa di campagna, dopo che la madre le ha già regalato quella in cui vive.
La cena diventa un affrettarsi a finire di mangiare…Durante la notte un malore: la figlia viene ricoverata d’urgenza per avvelenamento da funghi. Un incidente? un gesto intenzionale? Appena si riprende, Valerìe parte portandosi via Lucas, non può più lasciarlo alla madre, dopo la storia dei funghi non è più affidabile.
Il film è costruito in modo perfetto: da un lato lo sguardo bonario del regista teso a cogliere la trasparenza tutta presunta di questo incredibile personaggio; dall’altro l’emergere via via di risvolti inequivocabili sulla sua doppiezza e amoralità, qualità queste che verranno trasmesse silenziosamente anche alla generazione successiva.

Michelle ha alle sue spalle un passato di ex prostituta, cosa che la figlia non le ha mai perdonato; la sua amica Marie Claude ha il figlio Vincent in carcere. Appena esce di prigione, Michelle lo assume come giardiniere per aiutarlo a rifarsi una vita.




Riconoscente di fronte a tanta generosità, Vincent andrà dalla figlia Valerìe per convincerla a ridurre la sua ostilità verso la madre…Man mano assistiamo a un crescendo di azioni losche ed esecrabili, ammantate da un ostentato quanto falso altruismo, in una tensione crescente, perché non c’è argine possibile, fino a contagiare anche Lucas che, diventato grande e affezionato a Vincent come a un fratello, lo aiuterà a uscire dai guai con la giustizia, chiudendosi in un silenzio omertoso.
Quello che ci lascia sbigottiti come spettatori, è la naturalezza, la tangenzialità e la totale assenza di colpevolezza con cui vengono portate a termine le azioni più abiette. E questa è la bravura di Ozon che riesce a far accadere i fatti più deplorevoli come fatti marginali, privandoli di qualsiasi valenza immorale che in genere comportano.
Ozon dice di essersi ispirato ai romans durs [1] di Simenon. E, a questo proposito, colpisce la coincidenza che vede l’uscita di questo film non molto dopo Il caso Belle-Steiner di Benoît Jacquot, tratto appunto da uno dei romans durs di Simenon.
Note
[1] I romans durs di George Simenon sono dei “romanzi neri” che esplorano gli aspetti più oscuri della natura umana, presentando personaggi complessi e ambientazioni cupe, spesso violente.
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