A Real Pain di Jesse Eisenberg

Siediti e scrivi a tua moglie, David!” Benji a David

A Real Pain è un film scritto per parlare della generazione tra i 35 e i 45 anni, che ha vissuto un’infanzia agiata e sembrava avere molte possibilità, ma quando queste opportunità andavano colte, il mercato del lavoro è stato distrutto dal capitalismo moderno e dal mercato azionario. Questo ha protratto il periodo di inserimento nel mondo del lavoro per molti giovani, facendo sì che molte persone alla fine decidessero di non prendere decisioni e rimanessero degli eterni adolescenti.
David (Jesse Eisenberg) è il perfetto prodotto della società in cui viviamo: ansioso, incapace di rapportarsi con gli altri, ma funzionale. Ha una famiglia, un lavoro e prende le sue pillole. Per un senso di fratellanza o di solidarietà, decide di intraprendere un viaggio con suo cugino Benji (Kieran Culkin) alla scoperta delle sue origini ebreo-polacche, dopo la morte della nonna, che ha devastato il personaggio interpretato da Culkin. Il cugino Benji è una persona assolutamente irritante, ma anche divertente, affascinante e brutalmente onesta, con picchi d’umore. È anche l’unico capace di avere veri sentimenti e di trattare le persone come tali.
Capita spesso che le persone che crescono insieme poi si allontanino: condividere infanzia, momenti familiari e percorsi di crescita non è sempre sinonimo di comprensione e vicinanza in età adulta. È quello che è successo a David e Benji.
Il viaggio di A Real Pain diventa un pretesto per una riflessione sulle origini, sul passato familiare e su come questo ci influenzi. Cosa significa derivare da una generazione in fuga dalla guerra e dall’Olocausto? Perché, nonostante questo retaggio così importante, siamo incapaci di crescere o di vivere?

Inoltre, i due protagonisti intraprendono quelli che comunemente sono chiamati “Tour del dolore”, insieme ad altre persone che hanno un retaggio simile al loro. Il film non riesce a cogliere pienamente l’importante riflessione che si dovrebbe fare intorno a questi tour, perché si concentra anche su altre tematiche. Tuttavia, solleva la questione di cosa significhi essere un turista del dolore. Cosa ricerchiamo da questo tipo di esperienza?
C’è un documentario alla Berlinale di quest’anno, Bedrock, una produzione tedesco-polacca, che affronta proprio il tema di come i luoghi che una volta erano campi di concentramento siano ora spazi vissuti quotidianamente. Il film si interroga sulla capacità dell’uomo moderno di sentire il dolore. A Real Pain, il vero dolore, nel mondo contemporaneo, tutto è un dramma: vediamo persone nei talk show e nei reality piangere e disperarsi, siamo costantemente esposti alle immagini della guerra, ma poi, quando visitiamo un campo di concentramento, cosa sentiamo davvero? Siamo ormai assuefatti a un dolore futile? Tanto che neanche David riesce a comprendere la sofferenza del cugino. Benji che dice chiaramente a David: “Una volta eri una persona sensibile, piangevi per tutto”.
L’opera, in qualche modo, rappresenta un controcampo della stessa riflessione de La zona d’interesse: come il film citato ci porta dentro un campo di concentramento ai giorni nostri per mostrarci come l’uomo moderno preferisca non vedere e nel momento in cui sceglie di vedere, non sa bene cosa provare.
Il complesso rapporto tra i due cugini, con dinamiche inizialmente poco chiare che verranno poi svelate, diventa uno sguardo profondo sulla nostra incapacità di affrontare il dolore, la diversità e la comprensione dell’altro. Cosa significa diventare adulti? L’età adulta comporta inevitabili noie (riunioni di condominio, tasse e responsabilità), ma anche un appiattimento dei sentimenti, un’attenzione esclusiva verso il quotidiano e una tendenza a concentrarsi solo su se stessi.
Jesse Eisenberg, interprete, regista e sceneggiatore, porta sullo schermo una storia personale, legata al suo retaggio culturale e realizza una profonda riflessione sui rapporti umani. Il film è cinico e al tempo stesso affettuoso, trovando in Kieran Culkin un perfetto compagno di viaggio e vero mattatore dell’opera, anche se le scene più catartiche Eisenberg le riserva per sé.

Il film mette in scena anche una sinfonia di Cracovia, che è una città che il cinema odierno non racconta spesso e nella semplicità della messa in scena si vede la consapevolezza dell’uso cinematografico. Anche la sceneggiatura è matura e si vede che è stata sviluppata nel corso di diversi anni. Non è un capolavoro, ma riesce a raccontare qualcosa di vero con una certa profondità.
C’è più catarsi in un aeroporto che nella casa dove la nonna è cresciuta.

Informazioni su Giulia Pugliese 37 Articoli
Giulia Pugliese Scrittrice Educazione 2011 - Master in EUC Group & CEERNT European Project 2006/2010 - Laurea triennale in Cooperazione allo sviluppo Esperienze lavorative 2024 - Scrittrice di critica cinematografica per il blog online Odeon 2023 - Scrittrice di critica cinematografica per il blog online I-Films 2022/2023 - Scrittrice di critica cinematografica per il blog online Long Take Premiazioni Vincitrice del concorso di scrittura per la critica cinematografica over 30 indetto da Long Take Film Festival quinta edizione - 2023

Commenta per primo

Lascia un commento

L'indirizzo email non sarà pubblicato.


*