
di Martina Cossia Castiglioni
Si è chiusa a fine gennaio, alla National Gallery di Londra, l’esposizione Van Gogh. Poeti e amanti, pensata per celebrare il bicentenario della fondazione del museo. Curata da Cornelia Homburg e Christopher Riopelle, la mostra comprendeva quarantasette dipinti e quattordici disegni fra i tantissimi realizzati dall’artista nel periodo passato tra Arles e la clinica Saint Paul a Saint Remy, dal febbraio 1888 al maggio del 1890. Due anni durante i quali lo stile dell’artista raggiunge la piena maturità e nascono molti dei suoi capolavori. A questa eccezionale esposizione è dedicato il documentario di David Bickerstaff, nelle sale italiane il 4 e il 5 marzo, distribuito da Nexo Studios.

La notte stellata sul Rodano
Non è la prima volta che il regista e fotografo britannico consacra il proprio lavoro al grande pittore olandese. Nel 2015, in collaborazione con i curatori del museo Van Gogh di Amsterdam, realizza Vincent Van Gogh: a new way of seeing, un interessante ritratto dell’artista attraverso le opere della collezione. Nel 2021 gira altri due documentari: Sunflowers, in occasione di un’esposizione sui Girasoli, e Van Gogh & Japan, intorno al profondo interesse di Vincent per l’arte e la cultura giapponese. Il nuovo film ci apre le porte della National Gallery e della mostra. Entriamo letteralmente nei quadri di Van Gogh, ne apprezziamo i dettagli, l’esplosione di colori, non sempre utilizzati in senso naturalistico ma legati a un’emozione, a un’atmosfera. A condurci attraverso le opere sono soprattutto i due curatori. Entrambi volevano allontanarsi dall’idea di un Van Gogh «triste e ombroso» per celebrare «la gioia dei colori brillanti». Le pareti delle sale che espongono i dipinti sono infatti ognuna di un colore diverso. Nella prima, racconta Cornelia Homburg, c’è il quadro che ha ispirato loro il titolo della mostra, Coppia nel parco di Arles. Il giardino del poeta, dove Van Gogh ha raffigurato il piccolo parco pubblico di fronte alla sua abitazione. In una lettera al fratello Theo, Vincent racconta di aver immaginato a passeggio in quel giardino i grandi poeti Dante, Petrarca e Boccaccio. Nel dipinto compare anche una coppia di innamorati che ritroviamo in altre opere, come nella splendida Notte stellata sul Rodano prestata dal Musée d’Orsay di Parigi.

In un’altra sala, uno a sinistra e l’altro a destra della Berceuse (ritratto di Augustine Roulin) vengono presentati per la prima volta insieme I quattordici girasoli in un vaso (già alla National Gallery) e I dodici girasoli in un vaso (dal Philadelphia Museum of Art). Van Gogh per primo aveva immaginato di esporli insieme alla Berceuse, a formare un trittico. Molti altri capolavori dell’artista sono presenti alla mostra, come La casa gialla, La sedia di Van Gogh e alcuni celebri ritratti. Non mancano opere realizzate tra una crisi nervosa e l’altra, durante i ricoveri, all’ospedale di Arles prima e al Saint Paul in seguito. In Frutteto in fiore con veduta di Arles, di fronte al bel panorama della cittadina e dei campi con gli alberi fioriti si innalzano tre pioppi dai tronchi nodosi, «neri e tristi», quasi a impedire la vista.


Il giardino dell’ospedale di Arles e Frutteto in fiore con veduta di Arles
«Dipingo per ottenere la mia stabilità mentale. Dipingo per non impazzire», scriveva il pittore alla sorella. C’è infatti, nel film di David Bickerstaff, un’altra voce che ci accompagna attraverso i quadri: quella dello stesso Vincent. Nelle sue numerose lettere – indirizzate agli amici, alla sorella, a Paul Gaugin, ma soprattutto al fratello Theo – il pittore descriveva minuziosamente i suoi dipinti, cosa voleva mostrare in essi, quali erano i suoi sentimenti. La sua corrispondenza è uno strumento prezioso per comprendere la sua opera e per la storia dell’arte in generale. Dalle sue lettere e dal percorso della mostra della National Gallery, emerge il ritratto di un uomo sì tormentato, ma consapevole del suo ruolo di artista, che si interrogava su come dare il proprio contributo all’arte moderna e perché no, all’arte del futuro.