
di Letizia Piredda

Il cinema di Dolan è un vortice di grande potenza emotiva, travolgente, che veicola innovazioni stilistiche sorprendenti. Una fra tutte la grandezza dello schermo che si allarga o si restringe in funzione dello stato d’animo del protagonista. E che in Mommy si realizza con una modalità impressionante mai vista prima: è il protagonista, Steve, che apre lo schermo con le braccia, in un momento di gioia esuberante, frenetica, di libertà senza confini.
Se Tarkovskij con il suo cinema ha “scolpito il tempo”, possiamo dire che Dolan ha “scolpito le emozioni”.
In Laurence Anyways il magma emotivo è così denso e impalpabile allo stesso tempo che, senza accorgercene, da subito ne veniamo avvolti, contagiati e immediata è l’empatia col personaggio: la sua delicatezza, la sua fragilità, le sue scommesse impossibili ci conquistano fino a farci sentire “disarmati” e “vinti”. Bellissima e dolorosa la figura di Laurence: vive il proprio corpo come una gabbia, e, a 30 anni, decide di assecondare la sua spinta verso il femminile, ma è fermamente determinato a restare con la donna che ama.
E noi lo seguiamo in questo percorso impervio spinti come lui da un impeto emotivo che ci fa sembrare tutto possibile.
Nel film ci sono momenti in cui le emozioni travalicano qualsiasi confine in scene di grande potenza che ci ricordano la caduta delle rane in Magnolia: la cascata di lacrime che si riversa su Fred, la sua fidanzata, mentre legge le poesie che lui le ha dedicato o, dopo che si sono ritrovati, la pioggia di vestiti che cade dal cielo come simbolo di una caduta delle apparenze. Man mano c’è una perdita della differenza tra un sesso e l’altro (la sua fidanzata si chiama Fred che è anche un nome da uomo) e la profondità del personaggio riesce a minare i pregiudizi che si annidano dentro di noi a livello inconscio.




Poi c’è la musica che Dolan usa con una modalità molto complessa e articolata, creando dei giochi sottili tra musica diegetica e extradiegetica: è il caso delle dissonanze mentali, quando noi sentiamo una musica che non è quella che sta ascoltando il protagonista, o delle sospensioni sonore, quando la musica diegetica si abbassa e si alza senza che ci sia l’intervento visibile di qualcuno. La musica che Dolan sceglie può essere poco credibile, ma è sempre fortemente simbolica come quando in Mommy, poco prima del finale drammatico, iniziano le note di Born to die: nato per morire o nato per Die? (la madre si chiama Diane, ma tutti la chiamano con il diminutivo Di, Die). Da diversi anni Dolan ha deciso di lasciare il cinema a causa di una crisi personale, anche se la causa scatenante sono stati i commenti fortemente negativi sul suo ultimo film. Ma noi siamo ottimisti come Laurence, e siamo sicuri che tornerà a fare film. Anche perché noi non ne possiamo fare a meno.