In sala i film di Kurosawa: cosa li rende così unici e immortali?

di Mattia Migliarino

La Cineteca di Bologna ha riportato sul grande schermo alcuni dei capolavori di Akira Kurosawa, permettendo anche alle nuove generazioni di immergersi nella straordinaria potenza visiva e narrativa di uno dei più grandi maestri del cinema. Cosa rende il cinema di Kurosawa così unico e intramontabile? La risposta sta nella sua incredibile capacità di intrecciare temi profondi con un’estetica potente e innovativa. Lo stile di Kurosawa non si limita a raccontare storie, ma crea esperienze cinematografiche coinvolgenti, sia dal punto di vista estetico che da quello tematico.
Il movimento della natura è uno degli elementi più affascinanti delle sue opere. In I sette samurai (1954), la battaglia finale sotto la pioggia battente non è solo spettacolare, ma amplifica il dramma e il caos del conflitto. Ma c’è di più: Kurosawa riesce a catturare l’essenza di come un gruppo affronta la paura e la disperazione, evolvendo verso un forte senso di comunità e di lotta condivisa contro l’oppressore. Questo tema risuona ancora oggi, in una società sempre più frammentata, dove la solidarietà sembra spesso cedere il passo all’individualismo.

I sette samurai (1954), Vivere (1952), Yojimbo (1961), Cane randagio (1949)


Allo stesso modo, in Yojimbo (1961), il vento e la polvere che attraversano il villaggio trasmettono un senso di desolazione e tensione che si respira fin dal primo fotogramma. Non solo la natura, ma anche i gruppi umani sono al centro del suo cinema. Kurosawa spesso utilizza folle in movimento per enfatizzare emozioni collettive e creare un impatto visivo straordinario. Pensiamo a I sette samurai, dove i contadini e i samurai si muovono insieme, creando una danza di strategia e coraggio. O in Cane randagio (1949), dove le strade affollate di Tokyo raccontano il disagio sociale del dopoguerra.
Anche il movimento della macchina da presa è un elemento distintivo. La cinepresa di Kurosawa non si limita a osservare: si muove, si insinua, segue i personaggi senza soluzione di continuità, facendo sentire lo spettatore parte integrante della scena.
Questi film non sono semplici storie, ma viaggi attraverso temi universali: l’onore, la giustizia, la vita e la morte. Kurosawa ci sfida a porci domande e a riflettere su ciò che ci rende umani. Il suo cinema è un’esperienza che coinvolge mente e cuore, e continua a ispirare registi e spettatori in tutto il mondo.

Informazioni su Mattia Migliarino 18 Articoli
Nato a Monza nel 1993. Nel 2019 ha conseguito la Laurea in Scienze Umanistiche per la Comunicazione presso l’Università Statale di Milano. Tra il 2011 e il 2019, ha collaborato con la rivista di musica e cinema 1977 Magazine. Successivamente ha conseguito la Laurea Magistrale in Cinema, Televisione e Produzione Multimediale presso l’Università di Bologna discutendo la tesi: “L’Italia negli anni di piombo alla luce del cinema italiano”. Ha seguito vari Corsi di Cinema, tra cui il Corso di Critica Ritrovata, tenuto dal Prof. Roy Menarini.
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