Il seme del fico sacro di Mahammad Rasoulof. Ruolo oppressivo politico e familiare del maschio iraniano

di Pino Moroni

Il seme del fico sacro di Mahammad Rasoulof è un film imperfetto, non ben calibrato nelle sue due parti, ben evidenti e molto distanti sia nel ritmo, lento e riflessivo all’inizio e troppo frenetico nello sviluppo finale.

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Il seme del fico sacro di Mahammad Rasoulof.

Ma comunque è un film con tante idee sulle strategie del potere tout court (teocratico, monarchico, dittatoriale, politico ed anche di genere, sociale, familiare ecc.). Con in fondo la evidente condanna di qualunque forma di inquisizione e di proibizione da parte di generazioni conservatrici tradizionali, che le hanno subite (per poter vivere meglio e per ambizione) e vorrebbero farle subire alle nuove generazioni (per fede e complicità).
Siamo in Iran (2022) nel momento in cui le donne sono scese in piazza per contestare la segregazione femminile ed in particolare il codice di abbigliamento islamico dello Hijab. Al velo ed al comportamento dimesso hanno risposto con capelli al vento e liberazione femminile con il motto: “Donne, vita e libertà”. Ma il sistema poliziesco le ha massacrate di botte, arrestate, incatenate, torturate e sommariamente condannate anche a morte.
Iman (Missagh Zareh) è un uomo all’apparenza buono, gran lavoratore, affezionato alla sua famiglia, proprio in questo momento nominato giudice istruttore del Tribunale Rivoluzionario di Teheran e costretto dal sistema ottuso e violento del regime degli Ayatollah, contro ogni forma di civiltà, al ruolo di carnefice.

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