SPECIALE KIESLOWSKI#9

TRILOGIA DEI COLORI

Film Rosso. Il groviglio delle passioni umane.

di Pino Moroni

Uno dei motivi più sviluppati, dal regista/pensatore Krzysztof Kieślowski, è quello di far scoprire all’Umanità i suoi errori, ma ancora di più quello di approfondire la sua comunicazione incomunicabile.
Non è un caso che Film Rosso (fotografato da Piotr Sobicinski, in una diacronia di luci spente d’interno e rossi luminosi d’esterno) ha inizio proprio con una telefonata e, con la cinepresa che segue velocemente il groviglio di fili elettrici che si dipanano e corrono attraverso mari, terre e continenti, mettendo in contatto esseri umani. Però ‘solo in contatto’, sembra dire il regista, perché quando le persone parlano si capisce subito che non comunicano, come succede, ancora di più, oggi che abbiamo molte più possibilità di contatti, interpersonali, sociali e politici e non sembra proprio ci siano grandi e migliori risultati (vedi la cronaca).

Ma poi Kieślowski, a cominciare dal suo Decalogo, non fa altro che cercare di far comunicare e magari anche far cambiare le idee dei suoi protagonisti, sempre e solo succubi del caso. Sembra dire perdio fate qualcosa!
In Film Rosso c’è un giudice in pensione, Joseph Kern (Jean Louis Trintignant), solo, scorbutico, indifferente a tutto e tutti, chiuso nella sua villetta, che spia, con apparecchiature sofisticate la vita dei suoi vicini (intercetta i loro dialoghi e comunicazioni). Una deformazione professionale! Ma in servizio tale strategia poteva essere positiva per scoprire fatti ed emettere migliori sentenze, ora in privato potrebbe essere oggetto di condanna perché contro legge.

Attraverso il suo cane, investito dalla giovane modella Valentine (Irene Jacob), che lo cura e glielo riporta, viene in contatto con una persona sana ed onesta, che sa comunicare bene quella dignità e morale che lui ha perduto da tempo.
In una serie di colloqui di fraterna intimità familiare, il magistrato subirà un cambiamento di umore e di pensieri, dando al contempo alla ragazza sagge indicazioni per risolvere i problemi della sua vita ed avere un futuro felice. Con la saggezza di un deus ex machina, una persona fisica che però vede oltre, quasi trascendente nelle sue rivelazioni e consigli.
Questo scambio di valori tra il vecchio magistrato e la giovane indossatrice è il punto centrale del film, ma ci sono, come sempre, tante altre tematiche importanti (è la grandezza di Kieślowski).
Il cruccio della ragazza è il fidanzato (lei vive a Ginevra, lui in Inghilterra) che le dice, per telefono, solo che ‘crede di amarla’ e non che ‘la ama’, presagio di una separazione imminente per non avere sentimenti condivisi.
C’è anche uno studente Auguste (Jean Pierre Lorit) nel palazzo di fronte alla modella, con cui si incrocia e lo vede dalla finestra, che sta preparando un concorso in magistratura e che scopre, seguendola in modo rocambolesco, di essere tradito dalla donna che ama. Lo stesso Joseph Kern il magistrato, che è solo perché non si è mai sposato, racconta a Valentine, che nella sua giovinezza ha avuto anche lui una umiliante esperienza di tradimento.

Il groviglio di fili telefonici sta diventando in Film Rosso il groviglio delle passioni umane ‘irrisolte’, che è un altro importante concetto del regista, quasi freudiano.
Ma è sicuramente nella scena dentro un teatro in cui l’indossatrice ha sfilato ed il magistrato è andato a vederla (finalmente è uscito di casa) in cui i nodi di questa matassa di sceneggiatura si sciolgono in una migliore comprensione tra i due protagonisti (sono rimasti soli dopo la sfilata di modelli e si toccano delicatamente). Jean Louis Trintignant con una intensa performance di recitazione riesce a far identificare la storia dello studente Auguste con la sua storia, quasi come se il tradimento che si era visto prima fosse un flashback della sua giovinezza e del trauma che lo aveva reso insensibile.
Ed in questo rimando si può anche capire lo studio avanzato di Kieślowski sul tempo: qui il passato-presente, in Destino cieco la ripetizione del tempo, ne La doppia vita di Veronica le interazioni di due tempi diversi. Il caso ed il tempo: due caposaldi delle tematiche di Kieślowski.
Tornando al magistrato ed al racconto amareggiato che fa a Valentine delle sue sentenze non oggettive, confessa di aver fatto tanti errori umani. Ha assolto un colpevole ma almeno ora ha una famiglia con quattro figli, ha condannato persone che non doveva. Forse ora ha ritrovato attraverso il rapporto con Valentine la sua ‘coscienza’.
A questo punto non poteva non esserci il bel colpo di scena di un grande regista. Il giudice racconta un suo sogno premonitore in cui ha visto nel futuro Valentine felice, con un uomo accanto ed una famiglia (specifica a 50 anni di età), per cui la ragazza non può fare a meno di chiedere “Ma tu chi sei?”. Così come per altri suoi film, sotto le vesti di un barbone o di un magistrato si può leggere l’immagine di Dio, un Dio laico ma profondamente spirituale, che è all’esterno della nostra Umanità, ma ci osserva in silenzio e poi con la sua pietas ci viene in aiuto. Attraverso qualcuno dotato del carisma del sogno profetico. Questo dio-persona consiglierà Valentine di prendere un traghetto per andare dal suo ragazzo in Inghilterra. Ma il caso vuole che il traghetto, per una burrasca affonda e Valentine si salverà insieme al giovane Auguste, che è diventato magistrato (alter ego del giudice Joseph Kern) e si può intuire dagli sguardi, che insieme creeranno una famiglia.

La scena finale del film può essere apprezzata soltanto da chi ha visto tutta la trilogia. Insieme a Valentine ed Auguste, protagonisti del Film Rosso si sono salvati dal naufragio anche tutti gli interpreti di Film Blu (Juliette Binoche e Benoit Regent) e di Film Bianco (July Delphy e Zbigniew Zamachowski). Il Dio laico di Kieślowski ha raccolto i suoi interpreti insieme in un grande saluto nell’ultimo suo film.  

Quanto è attuale Kieślowski!

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