di Giulia Pugliese
La Prima Guerra Mondiale è poco o comunque meno trattata della più gloriosa Seconda Guerra Mondiale, più scenica per armamenti, mole umana, più connaturata dal punto di vista della giustizia e della grandezza dell’impresa: sconfiggere i nazisti. La Prima Guerra Mondiale per l’Italia, rappresenta un passaggio cruciale per l’unificazione di un paese che comunque continuava ad essere disgregato (il film di Amelio lo sottolinea giustamente più volte) e per l’attecchimento della successiva dittatura. A Venezia 81 ci sono ben due film in concorso che parlano della Prima Guerra Mondiale: Campo di Battaglia e Vermiglio di Maura Delpero.
È curioso che l’opera di Amelio si chiami Campo di Battaglia, perché nonostante sia chiaramente un film di guerra, non vediamo né le battaglie né scene di combattimento. Il vero campo di battaglia è l’ospedale, dove più che salvare i pazienti, si cerca di renderli idonei a tornare a combattere. L’incomunicabilità è un tema centrale del film, non è solo dei vari soldati che parlano dialetti diversi e per questo non riescono a fare fronte comune, ma anche tra il popolo e il governo che non si comprendono, il primo usato letteralmente come carne da macello e il secondo che cerca di nascondere l’epidemia di spagnola causando ancora più morti. Il film ha una prospettiva interessante sulla guerra, ci parla infatti di uomini disperati, non c’è nessuna gloria o onore, solo la paura di tornare nel campo di battaglia, tanto da rendersi disabili o fingere di essere matti per non tornarvi. Questa prospettiva inedita arricchisce il film che per la prima parte, è davvero molto centrato, anche nel rapporto tra Stefano (Gabriel Montesi, a tratti fuori fuoco nella sua recitazione) e Giulio (un inedito e cupo Alessandro Borghi, ma quel finto labbro leporino sarà stato fatto per assomigliare di più a Joaquin Phoenix?) che è ben delineato. Gli aspetti veramente interessanti di questo film, sono l’uso della corporeità estrema, quasi cronerberghiana, il corpo mutilato diventa strumento per scappare dalla realtà e il personaggio di Stefano, mortifero e taciturno angelo della morte o meglio della mutilazione. Fino all’ultimo ci chiediamo se voglia veramente aiutare i militari che popolano l’ospedale o se sia un sadico prestato a questo intervento umanitario. Stefano si contrappone appunto a Giulio che invece porta avanti una battaglia, non legata alle sue convinzioni, ma al dovere della sua posizione e per il retaggio famigliare che rappresenta. L’opera mette in chiara contrapposizione un personaggio, quello di Stefano che segue gli ordini e uno che per umanità disobbedisce, quello di Giulio.
Poi il film si perde in una seconda parte che vorrebbe parlarci di contemporaneità, il passaggio tra la prima e la seconda parte non è armonico, risulta legnoso e la seconda parte non è centrata. Inoltre non è chiaro il raffronto che l’opera vuole fare con il presente: se lo Stato Italiano nella Prima Guerra Mondiale tenta di nascondere l’epidemia di spagnola, perché la guerra in corso è più importante, non mi sembra che lo stesso stato non sia intervenuto durante pandemia di Covid. La seconda parte che si focalizza sulla creazione di un vaccino per la spagnola, risulta lenta e meno interessante. Il film di Amelio sembra infatti contenere due film diversi, inoltre la regia è molto teatrale (vedi la scena della confessione del soldato e le corse in ospedale) risulta stridente per un film che dovrebbe essere calato nel reale e che spesso usa registri neo-realisti (l’uso del dialetto e i bambini malati alla fine). Infastidisce l’inserimento di un personaggio femminile Anna (Federica Rosellini), che oltre a essere antipatico e inutile, non arricchisce per nulla la trama, neanche nell’intreccio amoroso che ancora una volta appare forzato.
Il film avrebbe dovuto mantenere la tematica iniziale e farsi guidare dal personaggio di Giulio, tenendolo nella sua ambiguità. Un’occasione mancata per fare una denuncia reale sulla brutalità della guerra, sulla disperazione di chi la combatte e sulla necessità della disobbedienza civile (in una scena appare Emma Bonino). Gianni Amelio avrebbe potuto mettere in scena un lungometraggio crudo e franco, a tinte neo-realiste, che avrebbe ricordato i grandi film di guerra degli anni ‘60, concentrati sulle vicende umane, più che sullo spettacolo della guerra ed avrebbe fatto centro.
Avete invertito i nomi dei due protagonisti: Stefano è interpretato da Gabriel Montesi, Giulio da Alessandro Borghi