Dai Nastri d’Argento 2024 ad una panoramica del cinema italiano

Intervista di Letizia Piredda a Tano Pirrone

L.P. Un’impressione generale della premiazione di quest’anno?

T.P. Direi che è una premiazione che conferma quanto di positivo si è fatto e di recupero di alcune cose forse trascurate e di personaggi non completamente messi precedentemente in risalto. Se il Cinema è in crisi, certamente nei contenuti cerca di stare al passo con la società e la segue e la commenta con perizia e con scritture raffinate.

L.P. Allora una panoramica sui film vincitori: cosa ne pensi?

T.P. Se mettiamo da parte i film già affermati come C’è ancora domani ed Io capitano, sono contento per l’affermazione di Palazzina Laf. Sono contento per Riondino la cui storia è costellata da impegno, curiosità e respiro: l’Accademia, l’esperienza con Emma Dante (palcoscenico con Cani di bancata) e l’approdo epifanico in Il giovane Montalbano, lo fa conoscere universalmente, riconsegnandolo come protagonista eccellente dell’attuale stagione artistica italiana. Il film Palazzina Laf conferma il forte impegno sociale di Riondino, sostenuto da una serissima maturità professionale che affianca l’impegno politico e sociale, che l’ha portato ad affrontare con estrema dignità (supportato dal siderale istrionico Enzo Germano) uno dei problemi più spinosi del Mezzogiorno, fonte di disagi, lutti e povertà civica. La regia ha, forse, qualche sfarfallamento, ma dissero la stessa cosa di futuri immensi registi! Riondino è ancora agli inizi ed ha tempo per completare al meglio il suo ottimo cammino professionale.

L.P. Come Miglior soggetto c’è un pari merito tra Another end di Paolo Messina e Punto di rugiada di Marco Risi. Condividi questa scelta?

T.P. Fondamentalmente sì: Another end lascia una forte curiosità sulla tematica proposta, e sull’originalità del tema. Messina l’avevo molto apprezzato per il film L’attesa, per l’indiscussa pirandellitudine, capacità assai rara di interpretare Pirandello, senza restarci avviluppato. Pirandello è fra i pochi al mondo che conserva nelle sue opere questa possibilità, ma ha bisogno di sensibilità frementi che lo interpretino, traducendo in contemporaneità la materia classica del grande drammaturgo. Messina ha qualità raffinate e sensibilità rare; fatelo lavorare come sa lavorare: leggete il suo curriculum e adeguatevi. Marco Risi è persona seria e competente, ha avuto parenti ineguagliabili, come il padre Dino (se lo trovate, leggete la sua autobiografia I miei mostri e chiederete di essere ricapultati in quegli anni) e lo zio Nelo, poeta raffinatissimo (I lupi sono scesi / visitano le strade, / autunno o primavera / non mutano paese) e ne narra nel film in trasparenza, lasciando correre una lieve storia di scoperta e formazione. L’assenza dei due grandi della sua vita diventa “il predatore onnivoro di ogni sentimento”.

L.P. Rispetto alle scelte fatte per attore/attrice protagonista hai delle critiche da fare?

T.P. Su Riondino assolutamente no. E neanche su Elio Germano che amo fin dalla sua prima interpretazione, con Scamarcio in Mio fratello è figlio unico tratto dallo splendido libro di Antonio Pennacchi. Per quanto riguarda Micaela Ramazzotti, non ho visto il film. Non avrei saputo che dire. Allora sono andato a leggere la recensione di MyMovie, che non è il mio massimo, ma credo rispecchi (e formi, purtroppo) un comune sentire popolare. Ne esce questo giudizio: Un film amaro di grande generosità in cui Micaela Ramazzotti si porta dietro la spontaneità dei suoi personaggi passati. Il giudizio rimanda al passato, felice, di Ramazzotti e dà un giudizio non esaltante del soggetto. Nella storia foltissima della Ramazzotti nella sua vastissima cinematografia troviamo una barcata di film che ci hanno fatto divertire,

pensare, decidere a volte. Ramazzotti è anche regista alla sua iniziazione, come Kim Rossi Stuart, due ex giovani che hanno macinato film, ruoli disparati sempre con serietà professionale e, direi, giusti riconoscimenti. Vediamo la filmografia della Ramazzotti: ha fatto molti film belli, almeno tre o quattro fra i migliori della produzione italiana nell’arco di tempo che va (vado a memoria) dal 2008 con Tutta la vita davanti di Paolo Virzì, a La prima cosa bella sempre di Paolo Virzì (2010), a Il nome del figlio (superba interpretazione in un parterre che rimane mitico) di Francesca Archibugi (2015), a La tenerezza di Gianni Amelio (2017), che a mio modestissimo avviso rimane uno dei film italiani del primo ventennio del secolo in corso, (vorrei parlare di Amelio, troppo trascurato, tenuto nel gregge, mentre Amelio è ex grege), a Una storia senza nome di Roberto Andò, 2018 (bellissimo film, che continuo a rivedere per non dimenticare alcuni punti fermi della mia vita: Caravaggio, Palermo, le donne intelligenti e l’opportunità che ogni specifica vita rappresenta); Gli anni più belli di Muccino (2020), che con la benedizione dell’immenso Scola ci fa rivivere il frizzante inconsapevole del flusso e riflusso della vita, l’amore di cui troppo spesso ci dimentichiamo, la memoria, la nostalgia; L’ombra di Caravaggio di Michele Placido (2020) in cui sta dentro come il cacio sui maccheroni; ed infine Felicità… Una storia di coerenza, impegno, duttilità, costanza che ne hanno fatto un elemento portante del nostro cinema italiano.

L.P. Vuoi aggiungere qualche altra cosa?

T.P. Solo un cenno al film premiato come “Nastro d’argento dell’anno” (la creatività di chi deve accontentare tutti è pari a quella di certe madri che con poco cibo devono sfamare un nugolo di figli piccoli e grandi): il film premiato C’è ancora domani, regia prima di Paola Cortellesi, ribadisco che secondo me, complessivamente, è il miglior film italiano degli ultimi anni, senza sbavature e sinceramente nazionalpopolare: il POEMA COSTITUZIONALE vi è stato omaggiato degnamente e nei tempi che corrono non è solo bene, ma anche necessario.

Informazioni su Tano Pirrone 88 Articoli
Sono nato in provincia di Siracusa, a Francofonte, l’antichissima Hydria dei coloni greci, quaranta giorni prima che le forze alleate sbarcassero a Licata. Era il 14 maggio 1943. Ho frequentato il liceo classico, ma non gli studi per giornalista, cui ambivo. Negli anni ’70 ho vissuto due lustri a Palermo, dove ho lavorato in fabbrica, come impiegato amministrativo- commerciale. Nel 1981 mi sono trasferito a Roma per amore di Paola, oggi mia moglie. Sono stato funzionario commerciale e Project Manager nel Gruppo Marazzi. Infine consulente d’azienda per Organizzazione Aziendale e Sistemi Qualità. Curo le piante della mia terrazza, vedo gente, guardo film e serie tv, vado a cinema e a teatro, seguo qualche mostra; leggo, divagando e raccogliendo fior da fiore, e scrivo di cinema, libri e teatro per Odeonblog; di altre cose per me stesso. Ho pubblicato anche su Ponza Racconta, Lo Strillo, RedazioneCulturaNews ed altri siti di cinema e teatro. Ho due figli, Francesco e Andrea, ed avevo un cane, Bam, che sta sempre con me dovunque io vada. Sono faticosamente di sinistra; sono stato incendiario ed ora dovrei essere ragionevolmente pompiere.
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