di Martina Cossia Castiglioni
Da oltre trent’anni l’ex terrorista Boris cela la propria identità dietro quella del barista di un locale di Bruxelles, l’Etoile Filante (la Stella Cometa), dove vive con la compagna Kayoko e il fedele buttafuori Tim. Una notte di pioggia si presenta al bancone un uomo che lo minaccia: è sopravvissuto a un attentato organizzato da Boris molto tempo prima, e lo vuole uccidere. Il barista scampa alla morte, e quando Tim incontra casualmente Dom, un individuo depresso che vive con un cane e somiglia a Boris come una goccia d’acqua, capisce che l’uomo potrebbe sostituirsi all’amico. Così Dom diventa Boris e Boris diventa Dom. Ma i proprietari dell’Etoile Filante non sanno ancora che il sosia ha una ex moglie, Fiona, strampalata investigatrice privata vecchio stampo, che deciderà di mettersi sulle tracce del consorte.
I misteri del Bar Etoile (L’Etoile Filante), che ha inaugurato le proiezioni in piazza Grande al Festival di Locarno 2023 e nel marzo scorso è stato presentato in concorso al FIFF (Festival Internazionale del film francofono di Namur), è il quinto lungometraggio del belga Dominique Abel e della compagna di vita e d’arte Fiona Gordon, australiana. La pellicola esce nelle sale sei anni dopo Parigi a piedi nudi, e ripropone una squadra vincente; non soltanto i due registi/sceneggiatori/interpreti, ma anche gli attori Bruno Romy (nel ruolo di Georges, il killer che vuole la morte di Boris) e Philippe Martz (Tim). Il primo, oltre a recitare con loro, ha collaborato alla sceneggiatura e alla regia dei primi tre film della coppia. Si unisce al gruppo Kaori Ito, ballerina e coreografa, nel ruolo dell’astuta Kayoko, per una commedia surreale che si contamina con le note più cupe del genere noir.
Abel & Gordon (così si firmano i due registi) provengono dal teatro, e la loro è una comicità basata soprattutto sulla gestualità e sul linguaggio del corpo. Il loro modello di riferimento è la slapstick comedy del cinema muto, della quale non mancano citazioni nella pellicola, come la sequenza del «finto specchio» (creata da Max Linder nel 1921), o la scena in cui Boris, con un cartello in mano, si ritrova suo malgrado alla guida di un corteo di scioperanti: difficile non pensare al Charlie Chaplin di Tempi moderni che, raccolta una bandiera caduta da un camion, la sventola per richiamare l’attenzione di chi l’ha persa, diventando il capofila di un gruppo di manifestanti.
Il film è fatto anche di colori, di canzoni, di danza. C’è un momento in cui i personaggi si mettono a ballare, come se la musica si fosse impadronita dei loro corpi. Eppure, in questo mondo colorato e grottesco, si insinuano la tristezza e la malinconia. Nella figura del killer impazzito, nei personaggi di Fiona e Dom, separati e nello stesso tempo accomunati da un profondo dolore. Tuttavia, per l’investigatrice e l’ex marito c’è ancora qualche speranza. In questo senso I misteri del Bar Etoile può ricordare (oltre che per la lieve ironia) il cinema di Aki Kaurismaki, dove i protagonisti sono spesso emarginati con lavori precari (d’altronde la protesta sociale è presente nella pellicola di Abel & Gordon, benché rimanga sullo sfondo): donne e uomini che trovano però nell’amicizia e nell’amore una ragione per andare avanti.
Il tema del sosia, del doppio, dà spunti per momenti di comicità, ma anche di riflessione. Nell’assumere l’uno il ruolo dell’altro, Boris e Dom in qualche modo cambiano, talvolta le loro identità si confondono, creando negli stessi personaggi e in noi spettatori una sensazione di straniamento. Nel complesso I misteri del Bar Etoile è uno spettacolo visivo piacevolissimo, tra grottesco e poesia.