Green border: una trappola umanitaria

di Letizia Piredda

Nessuno si scandalizzava del fatto che i prodotti arrivassero dal mondo intero e circolassero liberamente
mentre gli uomini erano respinti alle frontiere. Per attraversarle alcuni si chiudevano nei container, si facevano merce, inerte, morivano asfissiati, dimenticati dal camionista in un parcheggio di Douvres sotto il sole di giugno.”

da Gli anni di Annie Ernaux, Premio Nobel

Una fitta foresta verde, poi di colpo la stessa foresta[1] in bianco e nero: è un avviso preciso, quello di Agnieszka Holland, la regista del film, per dirci che le nostre aspettative saranno totalmente disattese, così come quelle dei protagonisti: una famiglia di rifugiati siriani e un’insegnante di lingua inglese proveniente dall’Afghanistan.
Con questo film la Holland, non nuova a film di denuncia civile, vedi Europa Europa,1990 vuole lanciare un grido e scuotere le coscienze su una situazione a dir poco drammatica che si consuma al confine tra Bielorussia e Polonia [2].

Alcune scene del film


Sembra quasi un viaggio di piacere quello della famiglia siriana e dell’insegnante di inglese afgano, a bordo di un aereo di linea. Ma dall’atterraggio in poi verranno sballottati al di qua e al di là di enormi rotoli di filo spinato che costeggiano il muro lungo 186 chilometri della frontiera polacca; aggrediti, dalle guardie di frontiera, spogliati di qualsiasi effetto personale e costretti a dormire nella cosiddetta zona rossa senza cibo, acqua, coperte. Nessuna possibilità di scampo per questi profughi scappati dall’inferno delle bombe, degli stermini, delle distruzioni, con il sogno di poter entrare in Europa.
Ma a fronteggiare il massiccio rastrellamento dei soldati di frontiera sui clandestini, c’è la tenacia di un gruppo semi-clandestino pronto ad affrontare rischi di ogni genere per sostenere i profughi con coperte e viveri. Di questo gruppo fanno parte Jan, una guardia frontaliera pentita, la cui moglie è incinta, e Julia una giovane attivista che ha deciso di dedicare la sua vita a questa causa. Per realizzare un film così direttamente legato alla realtà, la Holland si è servita di attori che hanno davvero un background migratorio: sia il padre della famiglia siriana, che gli attivisti del gruppo semi-clandestino, hanno alle spalle esperienza in campo profughi.
Il film ha scatenato l’ira del regime di estrema destra Kaczynski che ha accusato il film di “propaganda nazista”, ma poco dopo la Polonia è insorta contro il regime imponendo un nuovo governo. Il grido della Holland, è riuscito a portare alla ribalta una tragedia umanitaria di così vaste proporzioni e a scuotere le coscienze. D’altra parte lo stesso grido è anche un grido di dolore per l’Europa e le sue ambiguità: un’Europa democratica, che però resta inerte a guardare il massacro dei profughi al confine tra Polonia e Bielorussia; un’Europa democratica che a tutt’oggi non è stata in grado di pianificare una linea condivisa sull’emergenza migranti.

Altre immagini del film

La Holland è stata la prima dei tre registi europei che quest’anno hanno girato film importanti sulla migrazione, quasi in contemporanea. Io capitano di Matteo Garrone mostra l’origine del viaggio, il desiderio di partire di due ragazzi del Senegal. Ken Loach nel suo The Old Oak racconta invece cosa succede a chi è già arrivato in Europa, dopo avere attraversato la frontiera. La Holland si ferma alla frontiera e alla tragica guerra sommersa tra Bielorussia e Polonia dove i migranti vengono usati come proiettili. Presentato alla Mostra del Cinema di Venezia 2023, dove ha ottenuto il Premio speciale della Giuria, “Green Border” è un film duro e struggente insieme, dove il cinema si fa testimone contemporaneo di un dramma contemporaneo, spezzando le barriere, i muri di filo spinato e mettendo a tacere le falsità della propaganda.


Note

[1] Il film è stato girato nella foresta di Białowieża, l’ultimo lembo della foresta vergine che un tempo ricopriva l’intero continente europeo. Il territorio è rimasto com’era perché era usato come riserva di caccia dello zar. Ora ricopre una parte della Polonia, della Bielorussia e dell’Ucraina.

[2] Lukashenko con una mossa apparentemente generosa, permette ai rifugiati provenienti dal Medio Oriente e dall’Africa di attraversare la Bielorussia per raggiungere l’Europa.
Tuttavia, dietro a questa apparente magnanimità, si cela una strategia bellica precisa, che usa i migranti come armi, per sovraccaricare il programma europeo di reinsediamento dei migranti, generando così una crisi umanitaria dalle proporzioni significative.

Informazioni su Letizia Piredda 191 Articoli
Letizia Piredda ha studiato e vive a Roma, dove si è laureata in Filosofia. Da diversi anni frequenta corsi monografici di analisi di film e corsi di critica cinematografica. In parallelo ha iniziato a scrivere di cinema su Blog amatoriali.
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