di Letizia Piredda
Ci stupisce su più fronti questo film, esordio alla regia di Paola Cortellesi.
Anzitutto per il bianco e nero e l’epoca in cui è girato, gli anni ’40 che, inevitabilmente strizzano l’occhio al Neorealismo, anche se il film non ha nulla di neorealista.
Per la durezza con cui racconta la violenza domestica che non solo è un dato di fatto, ma che viene addirittura giustificata: il marito è nervoso, ha fatto due guerre…Fatto si è che lo schiaffo di primo mattino, ci coglie impreparati e le botte che ogni giorno si ripetono accompagnate da un vero e proprio rituale, ci fanno rabbrividire. E dire che ne abbiamo visti parecchi di film dove la violenza in famiglia è protagonista.
Ma qui la violenza domestica è inserita nella routine, come il pranzo e la cena, ipocritamente nascosta agli occhi di tutti, di fatto agita con la consapevolezza e l’avallamento di tutti. Solo la figlia osa ribellarsi a questo stato di cose, ma viene messa a tacere.
Il matrimonio combinato della figlia, deciso come promozione sociale, dopo la breve parentesi amorosa, mostra il vero volto mantenendo intatta la concezione della donna, come oggetto su cui si esercita il potere: “Tu sei mia, solo mia” le dice il fidanzato, ponendole il divieto di lavorare.
Alcune scene del film
Ma c’è un avvenimento quell’anno, le elezioni che, per la prima volta chiamano le donne a votare. Nel fermento generale, nella concitazione frenetica, nella confusione e nell’entusiasmo generale avviene qualcosa che spezza quella catena di soprusi: le donne diventano protagoniste a livello sociale. E basta quell’incrocio di sguardi tra Delia e Ivano, il marito, per rovesciare almeno per un attimo i ruoli incancreniti di dominazione dell’uomo sulla donna.
Sì il percorso sarà lento, lentissimo ma quello che vuole mettere in evidenza il film è l’inizio, il primo slancio, il primo passo di una battaglia, quella dell’emancipazione femminile, che è ancora molto attuale, purtroppo.
Interessanti alcune scelte di stile: quelle che richiamano in certi momenti “le sospensioni” di Scola, dove due personaggi parlano e tutt’intorno si immobilizza l’azione. L’altra quella dell’uso della musica pop rock rap che si trasforma in un polmone che rigenera e vivifica la scena , un richiamo evidente a Miss Marx di Susanna Nicchiarelli, e che ci dice che il film è ambientato negli anni ’40 ma è anche e soprattutto un film moderno o meglio come dice la stessa Cortellesi, un film contemporaneo ambientato nel passato.
Bravi gli attori, anche se in certi momenti la mimica della Cortellesi risulta un po’ contratta, un po’ forzosa, anche perché sicuramente non le è congeniale questa maschera grigia, triste, avvilita, depauperata di qualsiasi accenno emotivo.
E sicuramente sono ben meritati i premi vinti alla Festa del Cinema di Roma: il Premio del Pubblico, il premio Speciale della Giuria e la menzione alla Miglior opera prima.
Riporto alcune notazioni importanti sul film di Carla Averso Giuliani. Anzitutto lei sottolinea che ci sono molti riferimenti ai detti popolari: ad esempio lo schiaffo del mattino si rifa al detto “Se non lo ha fatto lo farà” e quando il padre di Ivano gli ripete che avrebbe dovuto sposare la cugina, il riferimento è “Moglie e buoi dei paesi tuoi”. Ma la notazione più importante è quella relativa alla scena finale dopo il voto: Ivano si ritrova schiacciato dalla mdp trasandato con la camicia aperta che incrocia lo sguardo di Delia elegante truccata e trionfante, ma a guardar bene non è solo la rivincita di Delia perchè davanti a Ivano c’è un muro di donne che si spalleggiano raggianti: è la Donna che per la prima volta diventa protagonista nella società, cominciando quel lungo percorso che sarà l’emancipazione della donna.