di Tano Pirrone
Lo spirito del drammaturgo girgentano ieri sera volteggiava acrobaticamente nel cielo di Roma, con volute barocche e picchiate mozzafiato: con lui, al meglio delle proprie condizioni, tanti corpi pesanti e goffi lievitanti contro l’aereo spirito libero e ineguagliabilmente ardito. Al Quirino, storico teatro, dedicato a uno dei nostri Quattro moschettieri, quel Gassman Vittorio senza limiti e senza fine, nel rione Trevi, cuore di Roma. In scena, Come tu mi vuoi, un capolavoro della maturità dello scrittore siciliano, elaborato nel suo periodo berlinese (richiamato nella narrazione) e dedicato alla sua Musa personale, la grande e amatissima diva Marta Abba.
L’opera fu enucleata da I giganti della montagna (sostituita con La favola del figlio cambiato). Lo spunto era colto dal caso giudiziario Bruneri-Cannella (ovvero dello “smemorato di Collegno”) che in quel periodo appassionava l’opinione pubblica. Numerosi i punti di contatto fra le due storie: la scomparsa di una donna (Elma/Lucia) durante gli ultimi catastrofici eventi della Grande Guerra, la perdita della memoria di sé, un casuale ritrovamento e la forza immensa per essere riconosciuta per sé stessa. Essa rinuncia a essere chiunque, per essere quella che il marito Bruno e gli altri vogliono: al centro dell’opera si pone il personaggio protagonista, rappresentato in un cammino dapprima alla deriva, fuori di sé e poi sempre più incapace di ricostruire da sola la propria personalità e, pur di ritrovarsi comunque in un’identità, pronta a consegnarsi ad altri (Fammi tu, come tu mi vuoi). Straziante implorazione della donna, di questa Ignota, corrispettivo femminile del Grande Mascherato nell’Enrico IV (del 1922), su cui confluiscono le tematiche pirandelliane dell’identità, dello sdoppiamento tra coscienza e inconscio, dell’impossibilità di una conoscenza oggettiva, della follia, dell’illusione.
Alcune immagini della pièce
La prima della pièce andò in scena al teatro dei Filodrammatici di Milano, il 18 febbraio 1930 con la Compagnia di Marta Abba. Novantatré anni dopo per la regia di Luca De Fusco, prodotto dal Teatro Stabile di Catania, dal Teatro della Toscana Teatro Nazionale Tradizione e Turismo, dal Centro di Produzione Teatrale e dal Teatro Sannazzaro, va in scena al Quirino con una superba scenografia e un gioco straordinario di luci, suoni e immagini.
La regia di Luca De Fusco, che ha curato, con Gianni Garrera, l’ineccepibile adattamento, è opera di chi ha imparato a frequentare Pirandello ed ha avuto l’ambizione, coronata da successo, di mettere in scena l’opera forse meno visitata. Tutti molto bravi e ben guidati gli attori. Pubblico delle grandi occasioni
Il dramma di Elma/Lucia è incarnato in maniera sublime da Lucia Làvia, giovane incantatrice, figlia di nobili lombi, ricercatrice instancabile e di successo di una sua irripetibile autonomia stilistica attoriale. Avevamo apprezzato il suo Dioniso nelle Baccanti al Teatro Greco di Siracusa nel 2021, e ieri sera siamo stati rapiti dalla furia empatica della sua interpretazione: la nostra impressione/illusione è stata quella di vedere il personaggio di Elma/Lucia recitare sé stesso: scomparsa l’interprete è rimasto vivo, presente e attuale il personaggio dolente voluto dal Maestro del Caos.
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