di Lorenza Del Tosto
Kaltrina Krasniqui. Kosovo Vera sogna il mare, 2021
Sono donne, sono giovani, fanno cinema con passione e hanno dentro, glielo leggi negli occhi, determinazione, coraggio e una mano divina nel dirigere i loro attori. Sono tanti i tratti che le accomunano, per il resto sono giovani diversissime: ognuna con la sua storia, di cui qualcosa trapela quando si siedono davanti al pubblico della Casa del Cinema a Roma a presentare i loro film in occasione del 5 Balkan Film Festival (30 novembre – 4 dicembre)
Kaltrina Krasniqui, kossovara, è piccola, compatta, forte, riservatissima, un viso che si cela dietro frangia e occhiali, una sorta di timidezza che si trasforma in veemenza, lenta e scandita, quando prende in mano il microfono.
Protagonista del suo film è Vera: una donna di 60 anni che, alla morte del marito con cui sperava di trascorrere i suoi ultimi anni, scopre un mondo di corruzione che minaccia la sua vita e quella di sua figlia.
È il primo lungometraggio di fiction della regista e, dopo la presentazione nella sezione Orizzonti alla Mostra di Venezia nel 2021, ha viaggiato per i festival di tutto il mondo.
“Quando ho letto la sceneggiatura è stato il personaggio di Vera a colpirmi. Non conosco film, opere teatrali, o libri con una donna di 60 anni nel ruolo centrale. Ho pensato che potesse offrirmi l’occasione di indagare a fondo nella mia società, e allo stesso di raccontare una storia universale.”
Un altro tratto che accomuna queste giovani donne: vogliono parlare al mondo ed uscire dai confini soffocanti del nazionalismo. “Non credo che il patriarcato sia un fenomeno esclusivo del Kossovo” dice quasi con durezza. C’è una leggenda, rappresentata nel film, che narra di un ponte che potrà essere costruito solo se una donna vi verrà murata dentro.
All’inizio credevo fosse una leggenda albanese, ma poi ho viaggiato molto per la preparazione del film e, parlando con le persone, l’ho ritrovata in tanti paesi dell’Europa dell’Est e – puntualizza con una sorta di sorniona malizia – anche dell’Europa occidentale. Può variare il tipo di edificio da costruire: una chiesa, un ponte, un castello, ma la condizione, perché l’edificio stia in piedi, è sempre il sacrificio di una donna che vi sia murata dentro. Non riguarda solo il Kossovo, andate a cercare e la troverete anche nella letteratura dei vostri paesi.”
Alcune immagini di Vera sogna il mare, 2022 di Kaltrina Krasniqui
La voce di Kaltrina vibra di commozione “Io comunque non credo affatto nella necessità del sacrificio. C’è sempre la possibilità di scegliere. E la possibilità di sopravvivere e di attingere alla propria resilienza.”
Ha studiato all’Università di Pristina dove era appena stato creato un Dipartimento di Cinema e agli attori presenti in sala, che si complimentano per l’intensità delle interpretazioni, spiega: “Ho dedicato moltissimo tempo alla ricerca degli attori. Non mi interessava tanto come avrebbero interpretato la parte, quanto piuttosto che avessero capito a fondo il testo: che fossero in grado di coglierne tutta la portata. C’erano dialoghi meravigliosi in sceneggiatura e volevo che uscissimo tutti trasformati dal film, e così è stato.”
Qualcuno tra il pubblico si sorprende che le figure più corrotte, nel film, siano proprio dei giudici. Uomini. Ma le giovani registe non vogliono portare la questione sul piano uomo donna, sono più avanti. Sono andate oltre la questione nazionalistica e oltre la questione di genere. È questa la grande novità. La parità uomo donna è avvenuta con le nuove generazioni, ora ci sono altri temi di cui occuparsi. Problemi che ognuno dovrà affrontare. C’è una sorta di pietà in Kaltrina Krasniqui nei confronti del maschile.
“Non mi interessava sottolineare la questione della corruzione maschile, quanto indagare il rapporto delle persone con il potere, l’influenza che esercita un sistema sulla gente. Credo sia molto difficile oggi essere un uomo.” Aggiunge dopo una breve pausa “ Nel Kossovo ai maschi, sin da bambini, viene inculcata l’idea di che cosa ci si aspetta da loro. Non c’è libertà.” Quasi che ad essere murati vivi siano proprio gli uomini. “Io non vorrei la loro vita. Sono felice che i miei genitori abbiano divorziato presto e di essere cresciuta con mia madre, che era una linguista e mi ha trasmesso l’amore per la letteratura. Sono cresciuta libera dalle imposizioni patriarcali. La vita di un uomo è fatta di doveri, non può esimersi dallo svolgere il ruolo che la società gli ha assegnato. Grazie no. Preferisco la mia libertà.”
Sorride con la sua durezza solo apparente, un sorriso di ringraziamento, che affiora fugace nei suoi occhi prima che torni a celarsi dietro gli occhiali. In sala, ora che lei è andata via, resta uno stupore, un misto di sconcerto e rammarico, per i nostri poveri uomini, ignari prigionieri dei loro castelli in attesa che una donna li venga a salvare.
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