
di Pino Moroni
Jennifer Lawrence, mito di tutte le teen-agers per la saga di The Hunger Games, ha provato a diventare più adulta, come tanti altri, passando ad una pièce dal taglio più teatrale, “Causeway”. Ma diventata produttrice-attrice di un film indipendente come primadonna, non le è bastato prendere una veterana del teatro come Lila Neugebauer (regista alla prima opera cinematografica) e far confezionare alle tre brave scrittrici Odessa Moshfegh, Luke Goebel ed Elizabeth Sanders, un dramma alla “Coming home” film di successo del 1978 di Hal Ashby, sul ritorno a casa di soldati traumatizzati dalla guerra.
Nel suo caso una reduce dall’Afghanistan ridotta in carrozzella che rinasce alla vita e va alla ricerca di una nuova opportunità, come è sempre stato nel Dna americano, e che invece è ormai finito, come il sogno americano del self made man. Quello che prima era la spinta ad avere una vita migliore è diventato ora, nella decadenza dell’impero americano, la causa di disturbi profondi della personalità e vuoto dei rapporti mai coltivati con gli altri esseri umani.

In questo film, lento ed imperfetto, si possono leggere in filigrana, ma ben evidenti, i tanti difetti della Way of life della società americana, in questo momento storico alla resa dei conti (che ritroviamo anche nella nostra società da sempre imitazione di quella).
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