di Mirta Tealdi
Il film è tratto da una storia vera dai risvolti quasi incredibili. E’ la storia di Maureen Kearney, una dirigente sindacale di un’importante multinazionale francese del nucleare, impegnata giornalmente a difendere i diritti di migliaia di lavoratori a rischio. Maureen è una donna in carriera, tutta di un pezzo, con un carattere forte e spigoloso, senza peli sulla lingua e totalmente dedita al lavoro. Non accetta compromessi né per sé né per i lavoratori che rappresenta. Si mette pericolosamente e pubblicamente contro il nuovo capo di cui scopre, grazie ad una soffiata, gli accordi “segreti” per la cessione di buona parte del mercato energetico del nucleare francese ad aziende cinesi, che comporterebbe gravi ripercussioni sul piano occupazionale. Pesta i piedi a molti della sua azienda, ai vertici e anche oltre, cercando di arrivare, grazie alla sua influenza, ai ministri e in ultimo al Presidente della Repubblica. Ma tutto ciò le costerà molto caro!
Una brillante interpretazione di una grandissima Isabelle Huppert che illumina il thriller ad alto impatto del regista Jean Paul Salomè, con cui la Huppert ha già lavorato ne La daronne, e fa vibrare i chiari scuri di una personalità complessa, coinvolta in una vicenda quasi incredibile. Ne esce un ritratto luminosamente aderente al vero personaggio, anche sul piano fisico (che ha impressionato la vera Maureen e l’autrice del libro su cui si basa la storia,Caroline Michel-Aguirre).
Alcune immagini del film
Dal ritmo incalzante della prima parte, con una messinscena che utilizza i flashback e una regia molto dinamica, si passa ad una dimensione da thriller psicologico che indaga, con alternanze sceniche e frequenti primissimi piani, il sentire più privato della protagonista. Maureen passerà gradualmente da vittima di una brutale e violenta aggressione in casa, a colpevole di falso, in un escalation drammatica in cui tutti (sotto una forte pressione mediatica): gli inquirenti, la giudice della prima udienza, (e il suo stesso marito per un breve momento), cominceranno a guardarla con sospetto e dubbio. Vittima come donna, come professionista e in ultimo (e questo è il paradosso più straniante del film) accusata di essere stata una vittima troppo passiva per essere credibile. Perché non si è ribellata? Perché non ha cercato di liberarsi dai lacci? Se non fosse una storia vera, sembrerebbe un giallo ben costruito, come quelli che legge Maureen. Riuscirà il suo spirito combattivo anche se fiaccato dai dubbi e sospetti a suo carico, a ritrovare vigore e fare luce sulla verità? Un film vibrante di denuncia civile contro gli errori di un sistema in cui i pregiudizi e la pressione mediatica portano a voler vedere quello di cui ci si convince, e di un maschilismo ambiguo, neppure ben mascherato, (odiosamente simile a quello presente in tanti processi di stupro) nei confronti di una donna, in questo caso, scomoda. Quanto gravi e sconvolgenti siano le conseguenze di una superficialità di fondo, basata su convinzioni predeterminate, solo Maureen Kearney lo ha sperimentato e ce lo ha raccontato attraverso la magia scenica di Isabelle Huppert.
La Syndicaliste, di Jean Paul Salomé, Venezia 2022, Orizzonti.
Giudizio: 2,8/4