a cura di Letizia Piredda
Il movimento del Free Cinema nasce in Inghilterra il 5 febbraio del 1956. E’ il primo movimento che sostiene la fede per la libertà, l‘importanza delle persone e del loro quotidiano, e soprattutto elabora un proprio manifesto[1]:
-Nessun film può essere molto personale
-L’immagine parla, il suono amplifica e commenta.
-Le dimensioni sono irrilevanti, la perfezione non é uno scopo
-Un approccio significa uno stile, uno stile significa un approccio
Per avere un’idea del contesto politico-sociale, il Free Cinema nasce nell’anno della crisi di Suez, del XX Congresso del Pcus e dell’intervento sovietico in Ungheria; e precede di pochi anni la Nouvelle Vague.
Gli esponenti principali del Free Cinema sono Lindsey Anderson che dopo alcuni cortometraggi iniziali farà If,1969. Karel Reisz che si afferma con Sabato sera domenica mattina,1960 uno dei film più importanti per l’Inghilterra che introduce diversi elementi innovativi: l’aspro inglese delle Midlands e la voce off di Albert Finney che abbaia in faccia allo spettatore le sue rivendicazioni e la sua scarsa moralitá. Il protagonista, un operaio senza scrupoli, mette le corna a un suo collega, potrebbe votare comunista solo per togliersi di torno quelle facce di merda dei suoi superiori, fa scherzi crudeli e afferma che si lavora in fabbrica solo per guadagnare i soldi per divertirsi nel weekend. La scena del pestaggio richiama in qualche modo quella di Rocco e i suoi fratelli: nessuno ha copiato nessuno, i due film escono entrambi nel ‘60: entrambi colgono in culture diverse la violenza devastante che cova sotto le ceneri della rabbia proletaria. Ed é questo l’intento del film: evitare l’ideologia e mostrare la working class senza fronzoli, nella sua poesia e nella sua sgradevolezza.
Il successo di Sabato sera domenica mattina fu incredibile, paragonabile a quello che ebbe in Italia Roma cittá aperta. Seguono poi Gioventù amore e rabbia,1962 di Richardson, e Io sono un campione,1963 di Anderson. Questi film lanciano una nuova generazione di attori: Albert Finney, Richard Harris, Tom Courtenay, David Hemmings, e cosa ancora più importante, formano una generazione di futuri cineasti: Stephen Frears,Mike Leigh, Ken Loach.
Da sn in alto: Tom Jones,1963 e Gioventù amore e rabbia,1962 di Tony Richardson
Da dx in alto: Io sono un campione, 1963 e If (Se), 1969 di Lindsay Anderson
La svolta per il Free Cinema arriva nel 1963. L’America si accorge di loro: Richard Harris e Albert Finney sono candidati, rispettivamente per Io sono un campione e Tom Jones. Non vincono ma Tom Jones si aggiudica 4 statuette: film,regia, sceneggiatura e colonna sonora. Tom Jones, film in costume, ispirato al romanzo picaresco di Henry Fielding e ambientato in uno sfarzoso ‘700, occupa un posto di rilievo all’interno del movimento: con toni giocosi e maliziosi, il trovatello di Fielding è il capostipite ideale di tutti i ribelli novecenteschi e anticipa le atmosfere di quello che sarà uno dei capolavori di Kubrick, Barry Lindon. Ma il momento di trionfo avrà breve durata: Reisz e Richardson verranno adottati da Hollywood, Anderson vincerá la Palma d’oro con If nel 1968, in cui si possono rintracciare i primi segni che porteranno ad Arancia Meccanica. Ma poi diventerà uno scomodo e burbero solitario. Infine la Woodfall, la società produttrice dei film, diventerà qualcosa di completamente diverso.
Come succede in molti casi, se paragonato ad altri movimenti, vedi ad esempio la Nouvelle Vague, il Free Cinema non regge il confronto, dato che non ha la compattezza e la forza propulsiva del movimento francese. Ma se considerato in prospettiva, utilizzando dei collegamenti inizialmente poco visibili, il Free Cinema acquista un’importanza basilare proprio perchè è da lì che inizia la scintilla di ribellione che verrà ripresa dalla generazione successiva di cineasti (Frears, Leigh, Loach) che faranno dell’ironia, della provocazione e della denuncia sociale il loro credo, e che continuerà fino ad arrivare alle vette del cinema di Kubrick.
Note
[1] Alberto Crespi. Short cuts. Il cinema in 12 storie. Gius. Laterza&Figli, 2022.