di Tano Pirrone
Se avete più di settant’otto anni e meno di centocinque, quello che sto per raccontarvi fa proprio per voi. Se rientrate in questa fascia di età e avete almeno un figlio che vi vuole bene e qualche volta gli viene difficile dimostrarvelo (perché voi siete snob e complicati), bene fatevi fare il regalo che mio figlio A. ha fatto a me in occasione del mio 79° compleanno: un voucher per una cena per due persone (oh, indissolubilità mirata del matrimonio!) in un ristorante á la page, in uno stellatissimo resort, in un magico punto del centro storico di Roma. Piazza Navona, per intenderci, nel suo vertice nord, con la magnifica Fontana di Nettuno; subito a sinistra un cortissimo vicolo (una volta, in origine, uno degli accessi allo Stadio di Domiziano) conduce a Largo Febo: lì sorge l’Hotel Raphaël – Relais & Châteaux, con una elegante mise arborea, dominata dal glicine e dalla vite americana, che preannuncia lo stile e la mission della struttura ricettiva, la quale pur nella tortuosa vita della Capitale è riuscita a mantenere dritta la rotta imposta dal fondatore Spartaco Vannoni.
Oggi il Bio Hotel Raphaël è affiliato alla prestigiosa famiglia Relais&Chateaux, una catena di oltre 500 strutture di altissimo livello, presenti in almeno 60 paesi in tutto il mondo. Mani sapienti ed esperienza cosmopolita hanno “aggiornato” la struttura facendone un esempio di ristrutturazione coerente, rispettosa, accogliente e di grande impatto estetico e funzionale: le mani, la sensibilità e la sapienza costruttiva sono state quelle di Richard Meier[1], che a poche centinaia di metri ha firmato la straordinaria “teca” dell’Ara Pacis, e più lontano, nel periferico quartiere Alessandrino, l’elegante chiesa del Giubileo.
Il libro di Arpino, il libro di Gassman, Ara Pacis, Hotel Raphaël
All’interno del Raphaël opere di Mirò, terrecòtte di Picasso, litografie di De Chirico e una collezione di arte Maya, e per soddisfare anche i gusti più raffinati e i palati più esigenti, il ristorante Mater Terrae.
Prima di ascendere alla terrazza, dove i riti di cucina biologica, vegana e biodinamica vengono officiati da qualificati protagonisti, parliamo di alcuni film girati proprio nella struttura. Cominciamo da Monsignor Cupido diretto da Mauro Bolognini, facente parte del film ad episodi Le bambole del1964. Gli altri tre episodi del film sono opera di Dino Risi (La telefonata), Luigi Comencini (Il trattamento di eugenetica) e Franco Rossi (La minestra). Il tema comune: amori, tradimenti e litigi. Nell’episodio che a noi interessa perché girato nell’hotel di cui narriamo, Gina Lollobrigida moglie del direttore dell’albergo, organizza una tresca col giovane bel segretario di un monsignore a Roma per un Concilio (Jean Sorel). La tresca ha talmente buon successo che il regista Bolognini, la straripante magnetica Lollo e il bel tenebroso Jean sono denunciati e condannati a due mesi di reclusione, 30 mila lire di multa per oscenità ed offesa del comune senso del pudore; “giustamente” coinvolto anche Gianni Hecht Lucari, produttore del film.
Quattro anni dopo , nel 1969, è la volta de L’ultimo avventuriero, film statunitense diretto da Lewis Gilbert. Come fa capire il titolo, si tratta di un film di avventure, liberamente ispirato alla vita del diplomatico e playboy dominicano Porfirio Rubirosa[2]. Di grande effetto la scena che si svolge sulla terrazza, dove siamo stati ospiti entusiasti: Charles Aznavour (Marcel Campion) con la fidanzata di freschissimo conio, Candice Berger, incontra i suoi compari; il tagliente Morandini dice, a tal proposito, nella scheda per MyMoovies: il film è «un melodramma avventuroso che trabocca di sesso, violenza, fuochi d’artificio, orge, amori lesbici».
Il terzo è un film prezioso nella filmografia di Vittorio Gassman: Profumo di donna (1974) opera di Dino Risi, suo regista “padre” che insieme con il mago Mario Monicelli, convertì e riadattò il Gassman Mattatore in grande attore cinematografico, emblema del commedia all’italiana e non solo. Il film valse a Vittorio Gassman l’ambìto riconoscimento, il Prix d’interprétation masculine, assegnato al festival di Cannes del 1975 al miglior attore dei film presentati in concorso nella selezione ufficiale. Il film è tratto dal romanzo di Giovanni Arpino[3] Il buio e il miele. La storia narrata nel film fu ripresa nel 1992 in un remake statunitense (Scent of Woman[4]) firmato da Martin Brest, con uno spettacolare Al Pacino, che porterà a casa la statuina di zio Oscar per l’ottima interpretazione del tenente colonnello Franke Slade omologo del capitano Fausto Consolo/Vittorio Gassman. Il capitano, cieco e monco, è stato vittima della sua spavalderia e trascuratezza e non di un gesto di eroismo in battaglia. Ora, da Torino dove abita deve recarsi a Napoli per incontrare un amico, anch’egli militare e cieco. Si fa assegnare, allora un attendente (Alessandro Momo[5]). Il viaggio in treno ha due fermate intermedie, a Genova e a Roma. Proprio nella capitale Fausto e il giovanissimo attendente alloggiano nel nostro hotel, gestito da monache olandesi. Nella Terrazza Bramante (così chiamata per via della prossimità con il Chiostro del Bramante della confinante Chiesa della Pace) il capitano incontra il cugino sacerdote per farsi, dice lui (non si sa quanto sinceramente), benedire. Un’altra scena riguarda la testarda bestialità del protagonista, che, fingendosi mutilato di entrambe le braccia, induce una giovane monaca di Amsterdam ad “aiutarlo” per una completa esauriente minzione.
La terrazza strutturalmente non è cambiata molto; soprattutto nulla è cambiato nella cornice spettacolare che la circonda: la meraviglia delle cupole più note della Capitale da San Pietro al Pantheon, da Sant’Ivo alla Sapienza del Borromini a Sant’Agnese in Agone, alla Torretta del Quirinale. È cambiato solo il nome: oggi, la Terrazza è intestata a Mater Terrae per via delle scelte gastronomiche e dell’originalità del menu e del servizio. Caratterizzano Mater Terrae lo chef Ettore Moliteo e le sue creazioni gastronomiche biologiche, vegetariane e vegane.
Due dolci: Marron glaceès e L’ombelico del mondo; Il piatto di Picasso e l’opera di Mirò
Il menu prescelto è il cosiddetto “Menu Degustazione”, che non vuol dire, come quasi sempre ci è accaduto altrove, nel passato, un assaggio dei piatti principali, ma la degustazione di una quantità di piatti che ho fatto fatica a segnare, tutti perfettamente presentati da un ottimo trio di servizio. Sarà onestamente difficile ricostruire tutto l’iter della cena che è durata, senza pause dalle 20,30 alle 23,00, ma ci proveremo. Se poi qualcuno volesse approfondire… può sempre prenotare per telefono o farlo in automatico dal sito del Raphaël.
Impossibilitati, quindi, a fare l’elenco completo delle portate abbiamo però l’obbligo di citare alcuni piatti di particolare originalità progettuale e squisitezza: l’entrée Passeggiata nel bosco (una terrina di carote, funghi shiitake, porri e sedano con germogli e maionese senza uova); Omaggio a Bibliothè (una composizione con dadolata di verdure, e asparagi, tofu e patate arrostite, piccola insalata con citronette ai lamponi e maionese di mandorle senza uova); il superbo Ombelico del mondo (avvolgente risotto alla barbabietola, salsa di gorgonzola, piccola sfera di riso venere e mousse di carote); Rinascimento italiano (sottile sfoglia di semola di grano duro farcita con carciofi e pecorino, tartare di carciofo cotto e croccanti chips di carciofo); i Tortellini, ripieni di verdure su crema di grana padano; Roma mon amour (carciofo in due servizi, “alla giudia” con erbe e hummus di ceci, e “alla romana”, con listarelle croccanti in scapece e fragole marinate); Omaggio ad Hokusai (asparagi verdi grigliati con fonduta di parmigiano e contrasto di peperone); e, per chiudere, un Pre-dessert e la Tarte Tatin, sbalorditiva e magica, come questa notte trascorsa sui tetti di Roma, sorvegliati a vista da gabbiani in livrea, con le prelibatezze dell’arte biologica, vegetariana e vegana del Maestro Moliteo.
NOTE
[1]Richard Meier (Newark, 12 ottobre 1934) è un architetto statunitense. Premio
Pritzker 1984 ha costruito decine di famose costruzioni, fra cui devo ricordare per la passione che mi destò, il Museo d’arte contemporanea di Barcellona (MACBA,
1995).
[2]Porfirio Rubirosa, considerato uno dei più celebri playboy del XX secolo, e
conosciuto per il suo stile di vita sfarzoso, oltre che per le numerose donne di cui amava circondarsi, morì all’età di cinquantasei anni in un incidente d’auto al Bois
de Boulogne.
[3]Giovanni Arpino, (Pola, 27 gennaio 1927 Torino,10 dicembre 1987) è stato uno scrittore, giornalista e poeta italiano. Vinse il Premio Strega nel 1964 con L’ombra delle colline, il Premio Moretti d’oro nel 1969 con Il buio e il miele, il Premio Selezione Campiello nel 1972 con Randagio, il Premio Campiello nel 1980 con Il fratello italiano. Come ricorda Vittorio Gassman nel suo libro di memorie Un grande avvenire dietro le spalle,un’insanabile querelle coinvolse l’attore e lo scrittore a proposito delle critiche mosse dallo scrittore-giornalista all’attore, in un suo articolo pubblicato su Tempo illustrato. Sosteneva lo scrittore (così riporta l’autore nelle sue memorie) che Gassman fosse «un cialtrone disposto a qualsiasi bassa scelta cinematografica pur di fare quattrini e ribadire un odioso personaggio di italiano volgare e arruffone.»
[4]Disponibile su Netflix per gli abbonati.
[5]Alessandro Momo morì appena diciottenne in un incidente stradale poche settimane dopo la conclusione