di Pino Moroni
Rivedere Il conformista di Bernardo Bertolucci, per una operazione di nostalgia sulla sempre equilibrata e profonda recitazione di Jean-Louis Trintignant (che ci ha lasciato da poco) ci fa scoprire ben altre tematiche. Il romanzo di Moravia del 1951 era un romanzo politico sul regime fascista e sulle spedizioni punitive dei servizi segreti (Ovra) nei paesi in cui si erano rifugiati i ‘sovversivi’ antifascisti per infiltrarli ed eliminarli. Ma essendo il film di Bertolucci del 1970 dove i forti venti delle liberalizzazioni sessuali e della eliminazione di molti tabù (vedi l’operazione ancora più avanzata di Ultimo tango a Parigi) il film non è ideologizzato o critico verso il regime (a tratti descritto in farsa, comico e grottesco nei personaggi e perfino nelle parti drammatiche) ma vira continuamente in un nascosto “anticonformismo” sessuale e sociale, specchio delle profonde rivoluzioni degli anni ’70.
Emblematica la filosofia del protagonista Marcello Clerici, il conformista borghese di Trintignant, immerso ancora in quella società del dopoguerra, che era il seguito degli anni ’30 e ’40 in cui prevaleva una normalità basata sui valori tradizionali: casa, chiesa e famiglia. E’ proprio Clerici in una confessione prematrimoniale a ricordare il periodo: “Sto per costruirmi una vita normale, sposo una piccolo borghese, piena di idee meschine, di piccole ambizioni meschine. Si, tutta letto e cucina. La normalità, voglio costruire la mia normalità… faticosamente.” Così erano le donne fino agli anni ’60, (basta guardare i documentari dell’epoca) brave massaie, cucinavano con dedizione e bravura, servizievoli con i mariti, conduttrici degli affari domestici, mute laboriose compagne e madri di famiglia.
Ci sono già nei dialoghi con il prete tutte le premesse per assistere alle modifiche della sessualità corrente negli anni ‘70 e tutto quello che sarebbe accaduto in seguito, anche dirompente, non avrebbe scalfito il conformista. Ma veramente conformista? Già con il peccato confessato di aver ucciso da bambino un autista che voleva abusare di lui (pedofilia ed omosessualità) il film fa entrare nella mente disturbata del protagonista. Clerici non vuole il perdono e si confessa solo per quello che commetterà nel futuro. E mostra una arroganza che dimostra la consapevolezza delle sue scelte. Con un padre reso pazzo dalla sifilide ed una madre amante del suo giovane autista giapponese (di nome Alberi in italiano), come può credere il protagonista di diventare normale? Marcello è conformista perché decide coscientemente di nascondersi nella massa per nascondere la sua “diversità”.
Non è conformista ma vizioso, perché la prima notte di nozze in treno quando la moglie Giulia (Stefania Sandrelli) gli confessa di non essere vergine, ma di aver avuto un amante per sei anni, un avvocato di 60 anni (con la complicità della madre che lo fa chiamare zio e lo ha invitato alle nozze) Marcello cerca di ripetere tutto quello che Giulia faceva con l’amante. Forse un voyeur, non un conformista!
Alcune scene del film Il conformista, 1970 di Bernardo Bertolucci
Conosciuta poi la moglie del suo professore universitario Quadri fuggito a Parigi, che deve aiutare ad eliminare, cercherà in tutti i modi di corteggiarla e portarla a letto. Resosi conto della omosessualità della donna che desidera invece sua moglie Giulia, assisterà, ancora guardone, al rapporto lesbico tra le due donne. Nel suo spiare tutte le non normalità che accadono intorno a lui non sembra proprio che voglia essere conformista!
La sua è una cecità sociale che è poi quello che vuol mostrare l’intellettuale Bertolucci, amico di Pasolini e di Moravia, con i quali si è consigliato per sceneggiare un film molto moderno ed attuale in quel periodo storico. Non a caso c’è anche un’altra scena emblematica nello studio del professore universitario a Parigi in cui quest’ultimo ricorda la tesi di laurea che Marcello avrebbe voluto dare ed è la spiegazione del mito della caverna di Platone. In un gioco di riflessi ed ombre (che solo Vittorio Storaro avrebbe potuto realizzare) si spiega che la società si accontenta di vedere solo le ombre della realtà, senza cercare di vedere le vere persone che proiettano sul muro quelle ombre. Vediamo solo le apparenze e non vediamo invece la realtà.
E non a caso il film termina, a differenza del libro, con Marcello che assiste alla caduta del fascismo a Roma nel luglio del 1943, ma dopo aver ritrovato vivo il pedofilo con un altro omosessuale, forse finalmente accetta “la sua omosessualità”, che attraverso il conformismo aveva cercato di rimuovere dalla sua vita.
Bravissimo Jean-Louis Trintignant ad interpretare il protagonista in questo film in cui ha dovuto esprimere così tante personalità racchiuse impropriamente nel termine “conformista”. Un vero attore camaleonte.
Vedi anche: Del conformismo