di Letizia Piredda
Persona, 1966 è considerato il film più sperimentale di Ingmar Bergman, basti pensare all’incipit e al risvolto metacinematografico che lo attraversa.
Ma è anche un film estremamente complesso in quanto scava nell’inconscio femminile e in particolare nel gioco intrapersonale e interpersonale che si stabilisce tra individuo e maschera. Non solo ma tenta di rendere la complessità di questi processi psicologici attraverso le immagini, impresa davvero incredibile!
Tra le tante inimmaginabili immagini che troviamo nel film mi vorrei soffermare su quella che ritrae un volto di donna formato dalla metà del viso delle due attrici.
E’ una fusione o una frattura? Sono due o sono mezza?
Seguendo l’evolversi delle vicende tra le due protagoniste, Alma, l’infermiera e Elisabeth, l’attrice che si è rinchiusa in un mutismo elettivo per ripararsi dalla vita, potremmo arrivare alla conclusione che ognuna ha introiettato la maschera dell’altra e quindi è un volto ma con due maschere.
In questo senso la fusione tra i due volti starebbe a significare la fusione delle due maschere in un unico volto.
Ma si potrebbe avanzare anche un’altra ipotesi: e cioè che l’identità di ognuna si è dimezzata, ha perso la propria metà, si è frammentata. In questo caso ognuna è mezza e questo processo disorienta terribilmente la persona che lo sperimenta perché mette a repentaglio la propria identità.
Sono molto interessanti a questo proposito le parole di Bergman quando racconta di aver mostrato quest’immagine alle due attrici:
«Quando ricevetti la copia del filmato dal laboratorio, chiesi a Liv ed a Bibi di venire nella stanza del montaggio. Bibi esclamò, sorpresa: “Ma Liv, sembri così strana!”. E Liv disse: “No, sei tu, Bibi.. sembri davvero strana!”. Spontaneamente negarono la loro metà di quel viso».
In questo caso l’immagine, che rende visibile una frattura invisibile, proprio perché inconscia, fa reagire le due attrici in modo da difendere la propria identità rifiutando la parte estranea, cioè quella dell’altra.
Difficile e forse impossibile decidere per l’una o per l’altra ipotesi: ma forse, e proprio qui è il punto, Bergman non considera due personaggi separati ma due prospettive psicologiche della stessa persona: artista/essere umano; maschera/persona; essere/sembrare; Io cosciente/inconscio. E tutto potrebbe essere riconducibile al suo dramma interiore: forse è proprio lui il protagonista invisibile del film.