Trent’anni dopo. Ecco chi ha raccontato e come, un Paese distrutto dalla guerra civile
di Tano Pirrone
Trent’anni fa, il 5 aprile 1992, la Bosnia Erzegovina si rendeva indipendente dalla Jugoslavia. Era l’alba di una guerra che avrebbe spezzato un Paese, cominciava l’assedio di Sarajevo, destinato a terminare quattro anni dopo, il 29 febbraio 1996. Era l’inizio di un conflitto nel cuore dell’Europa che metteva contro famiglie, amici, vicini di casa. Scegliamo dieci film ed un ottimo documentario che hanno provato a raccontare la guerra in Jugoslavia. Tra questi, alcuni sono meno significativi, altri, invece, meritano una visione attenta perché raccontano risvolti che, al tempo delle drammatiche vicende, malgrado la nostra vicinanza geografica, non erano facilmente comprensibili.
Oggi, l’ex Jugoslavia è divisa in sette stati indipendenti: le guerre degli anni novanta furono combattute sia tra le future nazioni, sia all’interno di alcune di esse. Vi parteciparono eserciti regolari, irregolari, milizie, bande, avventurieri, forze di pace internazionali, non mancarono, inoltre, anche i foreign fighters. Nell’ultimo conflitto, quello che seguì le epurazioni serbe nel Kosovo, fu direttamente coinvolta la NATO. La complessità delle guerre jugoslave rende il soggetto di non facile lettura per il “grande” cinema internazionale, mentre, le produzioni locali, sono decisamente più significative anche se molto rare. Sono stati scelti i film meno retorici che non utilizzano le guerre balcaniche come semplice sfondo per narrare vicende che potrebbero adattarsi a qualsiasi altro evento storico.
La guerra comincia sempre in fretta e tu la vedi mentre si sta avvicinando si spande come un’alluvione e in qualche modo comincia sempre veloce a sorpresa.
In fretta è cominciata anche la guerra in Ucraina, ma non inattesa, anzi, e tutti quelli che potevano fare qualcosa per evitarla non l’hanno fatta. Né dall’uno né dall’altro fronte. Nessuno. Anzi, per molti versi è parsa una grande occasione per regolare conti, ritenuti in sospeso, ma che tutti sappiamo non esserlo. Saranno i soliti a vincerla, non certo gli ucraini, non certo l’Europa, non certo, infine, la Russia, che ne uscirà a pezzi, senza possibilità di rialzare la testa e soprattutto senza l’orgoglio russo di essere stata la prima vincitrice dell’odio nazista. Saranno dimenticate le prudenze e le saggezze che risolsero gravi crisi del passato, non ci saranno linee telefoniche riservate. Il re sarà finalmente nudo, ma solo su Facebook, Istagram, Linkedin, Twitter, YouTube, Telegram, Tik Tok ecc. Questa guerra è oggi il prosieguo del progetto di dominio che l’Occidente (le élite finanziarie e militari che lo dirigono) vuole sul mondo da sempre. Questa Europa è già amalgamata e funzionale al progetto. Le ambizioni dei popoli sono state tradite dai loro stessi governanti, in un gioco di specchi impressionante e in un cambio di scene e di casacche continuo e frastornante. La Nato è un mero strumento militare rapidamente passato dall’obsolescenza ad una rigogliosa seconda vita. L’arrembante arroganza porta a sfidare addirittura la Russia perché la Cina detiene crediti irrecuperabili.
E allora, arroganza per arroganza, chiamo a testimoniare Pier Paolo Pasolini, e chiedo che le parole del suo vaticinio siano messe a verbale: «Io so. Ma non ho le prove. Non ho nemmeno indizi. Io so perché sono un intellettuale, uno scrittore, che cerca di seguire tutto ciò che succede, di conoscere tutto ciò che se ne scrive, di immaginare tutto ciò che non si sa o che si tace; che coordina fatti anche lontani, che rimette insieme i pezzi disorganizzati e frammentari di un intero coerente quadro politico, che ristabilisce la logica là dove sembrano regnare l’arbitrarietà, la follia e il mistero
No man’s land, La storia di due soldati nella terra di nessuno: Čiki, bosniaco, e Nino, serbo, si trovano nella no man’s land tra le linee nemiche. Tra soldati che non possono alzarsi dalla mina che li farebbe esplodere, uomini dell’ONU incapaci e giornaliste d’assalto, Tanović porta a casa anche l’Oscar 2002 come miglior film straniero. Siamo nel 1993 e nuovamente nel confine tra la Serbia e la Bosnia. Più precisamente siamo in una trincea abbandonata nella terra di nessuno, quella compresa tra i due fronti. Qui si incontrano il miliziano bosniaco, Ciki, che sopravvive al massacro della sua pattuglia e per errore sceglie questo luogo come rifugio e Nino, un soldato serbo alle prime armi. Il film è il racconto di questo incontro che comporterà nei due personaggi una necessaria presa di coscienza delle ragioni dell’altro e della assurdità del conflitto; presa di coscienza che, tuttavia, non cambierà l’atteggiamento ostile. Nella trincea che è l’esclusivo set del film, c’è anche un altro soldato, il bosniaco Tzera che prima viene creduto morto, poi, si scopre che è vivo e sdraiato supino su una mina che a un suo movimento esploderebbe. Per risolvere questa situazione interviene l’ONU, ma le difficoltà non mancano. Il finale è inatteso e particolarmente efficace. Disponibile in lingua italiana su Rakuten TV (noleggio)[1].
Scheda del film. Produzione: Bosnia ed Erzegovina ļ Anno: 2001 ļ Regia: Danis Tanović ļ Interpreti e personaggi principali: Branko Đurić (Čiki), Rene Bitorajac (Nino).
La vita è un miracolo, (Zivot je čudo), di Emir Kusturica, 2004. Un intreccio di storie e il filo rosso della guerra. Luka è un ingegnere serbo e sogna una ferrovia che attraversi Serbia e Bosnia, il figlio Miloš sogna di giocare nel Partizan Belgrado, la moglie Jadranka è una cantante lirica. Allo scoppio della guerra tutto salterà per aria a suon di fughe, nuovi amori, nuove vite. Come tutti i film di Emir Kusturica è una rappresentazione multicolore, scanzonata, fantasiosa e a tratti surreale della vita nei Balcani. C’è la guerra che arriva all’improvviso, ma la vita nelle sue infinite forme e nei suoi percorsi più tortuosi, che ignorano barriere e divisioni di qualsiasi genere, continua. Siamo in un paese sperduto tra i monti della Bosnia prossimo al confine con la Serbia. L’ingegnere Luka, serbo, trasferitosi da Belgrado con moglie e figlio, è responsabile della stazione ferroviaria e del progetto per la nuova linea che collegherà i due paesi. Allo scoppio della guerra, tuttavia, il progetto viene improvvisamente fermato. Nel frattempo, la moglie di Luka, la cantante lirica Jadranka, nevrotica e delusa dalla vita che conduce lontana dalla capitale, scappa con un improbabile musicista, uno xilofonista ungherese. Il figlio Miloš, che aveva davanti a se una carriera come calciatore, viene invece reclutato dall’esercito ed è subito fatto ostaggio del nemico. Luka si innamorerà di Sabaha, un’esuberante infermiera bosniaca che riceve come ostaggio per uno scambio, che non si potrà fare, con il figlio. La vita, appunto, che si beffa delle divisioni, dei conflitti, delle ragioni della politica, dei militari e dei miliziani che nel film sono rappresentati da personaggi incapaci e per nulla consapevoli del dramma che la guerra inevitabilmente comporta. Disponibile in lingua italiana su YouTube.
Scheda del film. Produzione: Serbia e Montenegro, Francia ļ Anno: 2004 ļ Regia: Emir Kusturica ļ Interpreti e personaggi principali: Slavko Štimac (Luka), Natasa Tapuskovic (Sabaha), Vesna Trivalić (Jadranka), Vuk Kostić (Miloš)
Il segreto di Esma, Spaccato del dopoguerra nella ex Jugoslavia immerso nel dramma degli stupri etnici: Esma cresce da sola sua figlia ora dodicenne, celandole tutto quel che sapeva sul padre. Pellicola dura e delicata alla stesso tempo, Orso d’Oro al Festival di Berlino del 2006. Ambientato in Bosnia nel dopoguerra, il Segreto di Esma è un film sulle drammatiche ferite della guerra. Esma e sua figlia adolescente, Sara, vivono nell’indigenza. Esma ha un doppio lavoro, come cameriera in un locale notturno e come sarta in fabbrica, potendosi così occupare solo saltuariamente della figlia. Quando Sara chiede i soldi necessari per la partecipazione alla gita scolastica, Esma cerca in ogni modo di soddisfarla, ottenendo alla fine l’aiuto economico dalle colleghe della fabbrica dove lavora. Se avesse semplicemente dichiarato che Sara è figlia di un militare caduto in guerra, come da sempre Esma afferma, non avrebbe dovuto pagare la quota, ma la verità, si scoprirà, è un’altra. È un film su una normalità difficile da recuperare anche a molti anni dalla fine della guerra. Le persone portano con sé ferite aperte che con fatica riusciranno a ricucire. Disponibile in lingua italiana su Chili.
Scheda del film: Produzione: Austria, Bosnia ed Erzegovina, Germania, Croazia ļ Anno 2006 ļ Regia: Jasmila Žbanić ļ Interpreti e personaggi principali: Mirjana Karanović (Esma), Luna Mijović (Sara)
Resolution 819, il film-denuncia di Giacomo Battiato del 2008 racconta il terribile eccidio di 8.000 civili bosniaco-musulmani di Srebrenica uccisi nell’estate 1995 per mano delle truppe serbo/bosniache di Mladic. Il film di Battiato è un viaggio doloroso nel mondo del male, del dolore vero, della follia umana che sembra non imparare mai dal passato e che inesorabile si ripropone con cieca lucidità. Il titolo prende il nome dalla risoluzione 819 dell’ONU datata 16 aprile 1993 che poneva sotto protezione internazionale l’enclave musulmana di Srebrenica, in Bosnia, minacciata dalle truppe serbo-bosniache guidate dal generale Mladic. La presenza dei caschi blu ONU non sortisce alcun effetto e in pochi giorni nel luglio del 1995, Srebrenica viene conquistata e tutti gli abitanti bosniaci-musulmani deportati. Gli uomini sono prima separati dalle donne e dai bambini, poi scompaiono. È un testimone oculare, il commissario di polizia Jacques Calvez, (l’attore francese Magimel), incaricato dal Tribunale Penale Internazionale dell’inchiesta sulla scomparsa degli 8.000 uomini musulmani di Srebrenica, che racconta. Calvez indaga e scopre che gli uomini scomparsi sono stati tutti massacrati dai militari serbo-bosniaci in quali hanno in seguito cercato di occultare i terribili crimini commessi. La colonna sonora del film è opera di Ennio Morricone. Premio Marc’Aurelio al Festival di Roma 2008.
Back to Bosnia, (Na put kući, u tuđinu), di Sabina Vajrača, 2004. Poco visto in Italia questo documentario di 75′ che mostra il ritorno degli sfollati in Bosnia, mostrando anche i luoghi dove sono state commesse le peggiori atrocità dall’epoca del secondo conflitto mondiale.
Nella terra del sangue e del miele di Angelina Jolie del 2011. L’attrice dirige e interpreta questo film che racconta la storia d’amore tra una donna bosgnacca e un soldato serbo. Maltrattato dalla critica e praticamente ignorato dalle sale cinematografiche, racconta la drammatica vicenda di Ajla e di altre donne bosgnacche sequestrate e tenute prigioniere in un campo di concentramento serbo. Prima del conflitto, Ajla frequenta Danijel, che diventerà ufficiale dell’esercito serbo e che ritroverà proprio nel luogo della sua prigionia. Tralasciando la narrazione della tormentata storia d’amore tra i due protagonisti, il film offre un’efficace e cruda rappresentazione delle azioni di pulizia etnica che tra il 1992 e il 1995 furono perpetrate dai militari serbi a danno della popolazione islamica di Bosnia (bosgnacca, per l’appunto). L’interpretazione e la regia rasentano il dilettantismo, ma il film costringe lo spettatore a confrontarsi con gli orrori di una spaventosa guerra civile riprodotta in modo fedele e senza alcuna spettacolarizzazione. Questo è il suo merito e per questo lo consiglio. Disponibile in lingua italiana.
Scheda del film: Produzione: Stati Uniti ļ Anno: 2011 ļ Regia: Angelina Jolie ļ Interpreti principali: Rade Serbedija, Zana Marjanovic
[1] La reperibilità in streaming dei singoli film è indicata solo quando verificata.
[2] I bosgnacchi o bosniaci musulmani, talvolta anche bosniacchi (in bosniaco: bošnjaci, sing. bošnjak), sono una popolazione slava meridionale stanziata prevalentemente nella Bosnia ed Erzegovina e nella regione storica del Sangiaccato (compresa tra la Serbia ed il Montenegro), oltre a costituire una minoranza nel Kosovo. I bosgnacchi, assieme a croato-bosniaci e serbo-bosniaci, sono uno dei tre popoli costitutivi della Bosnia ed Erzegovina. Il termine non va confuso col termine bosnìaci (in bosniaco: bosanci, sing. bosanac), etnonimo che fa riferimento a tutti i cittadini della Bosnia ed Erzegovina a prescindere dall’appartenenza etno-nazionale. Al momento nei Balcani vivono più di due milioni di bosgnacchi.
Vedi anche: 11 film per capire la guerra in Jugoslavia(2)