di Tano Pirrone
Non parla di cinema questo articolo ma lo annoveriamo tra quelli che trattano temi essenziali: anche il cinema dipende fortemente dalle scelte politiche che di volta in volta vengono fatte e dagli uomini che di volta in volta operano quelle scelte. Abbiamo pubblicato qualche giorno fa il discorso tenuto al Parlamento Europeo da David Sassoli sull’importanza del cinema, in occasione della consegna del premio Lux, premio che viene assegnato ogni anno a un film di produzione europea.
Avevo fatto un sogno, uno dei tanti delle mie notti agitate, sogni che scivolano via e lasciano ben poco. Quel sogno, fatto nei primi giorni del nuovo anno, quel sogno m’è rimasto scolpito, anche perché, prima che ne parlassi o ne scrivessi è arrivata la notizia che mai quel sogno si sarebbe potuto attuare. Che nulla al mondo avrebbe potuto, anche nelle migliori condizioni, realizzarlo.
La notizia era la morte di David Sassoli, per un male di cui soffriva da tempo e con insensata rapidità ha falciato la sua vita, le nostre speranze, il mio sogno: che proprio lui, il sessantacinquenne Presidente del Consiglio europeo, alla scadenza ormai del suo mandato, fosse scelto dai Grandi elettori come successore di Sergio Mattarella.
Nel nostro Paese fioriscono a cadenze da sinfonia dodecafonica gli Uomini soli al comando, gli Unti del Signore – rivelatisi più Unni che Unti – e con la faccia stagnata, tanto da presentarsi a 85anni suonati col petto in fuori, come candidati alla Presidenza della Repubblica. Abbiamo un passato tragico da non dimenticare: il Pirlone Superiore che infiniti lutti addusse agli Achei, il colpo gobbo del maestro elementare (absit iniuria verbis!), che volle farsi Duce e condottiero e ci portò dritto nel più grande disastro dacché piede umano calcò la terra di Europa, patria comune, figlia di Asia; Matteo “testa di cippo”, a scelta uno dei due Superboni in servizio permanente infettivo, che si credono anche loro segnati dal destino; e con loro, ogni tanto affiora – vomito indecente della decadente democrazia italiota – uno di questi baciati in fronte dal Destino e poi scompaiono per improvvisi rigurgiti democratici, per esigui garbugli di istintiva salvezza.
I nostri Padri Fondatori, che scrissero una delle più belle, intelligenti, adeguate leggi costituzionali di sempre e di ogni dove, uscivano dal tunnel della guerra e della distruzione, dalle lacerazioni irrecuperabili inferte dagli uomini soli al comando: essi seppero dosare col bilancino i poteri e affidarono alle generazioni a venire uno strumento adatto a ricostruire, e sufficientemente duttile per i cambiamenti futuri. Pochi anni prima, nel 1941, Altiero Spinelli ed Ernesto Rossi esiliati a Ventotene, scrissero Il Manifesto di Ventotene: Per un’Europa libera e unita. Progetto d’un manifesto. Il documento prefigurava la necessità per l’ideologia europeista di istituire una federazione europea dotata di un parlamento e di un governo democratico con poteri reali in alcuni settori fondamentali, come economia e politica estera.
Il cammino è stato lungo, contrastato e spesso ai prevedibili ostacoli si sono aggiunti orpelli e legacci, che ne hanno immobilizzato la macchina decisionale, le scelte e il cammino. Donne e Uomini di grande prestigio hanno permesso che l’idea salvifica dell’Europa si affermasse, si radicasse e oggi appaia sempre di più come lo sbocco naturale e necessario per la sopravvivenza della grande e antica Comunità Europea, schiacciata da imperi economici e militari apparentemente invincibili, se non con la pazienza, la diplomazia, le sagge proposte innovative, il rispetto dei diritti civili e ambientali. Tutto questo nel rifiuto della sopraffazione e della guerra come mezzi di dialogo fra le nazioni e i popoli.
Fra le Donne e gli Uomini che massimamente si sono adoperati per lo sviluppo democratico ed equilibrato dell’Europa annoveriamo, per l’appunto, David Sassoli, che nei miei sogni era il candidato ideale: giovane, onesto, trasparente, grande lavoratore, portatore di pace, competente, discreto. È morto, non c’è più nessuna possibilità che sia là a ricevere la nomina, ma una cosa è certa: ha fornito il profilo ideale per i nostri delegati, i 1.009 Grandi elettori, che da lunedì 24 gennaio voteranno dando vita a uno dei riti fondanti della Repubblica: le votazioni per l’elezione del Presidente della Repubblica. Mattarella ha terminato il suo ottimo mandato e ora l’Italia ha bisogno di un valido sostituto. Chi lo eleggerà dovrà tenere conto di equilibri, necessità, pesi, influenze. Non basta scegliere un nome: è necessario che a questo nome corrispondano qualità precise, inderogabili, non mutuabili, che trascendano l’entusiasmo delle folle o i riflessi dorati delle apparenze, specchietti per le allodole sempre più cieche e sempre più preda di venti importuni.
Questo il motivo per cui sono assai poco favorevole all’elezione diretta del Capo dello stato, fermo restando che ogni ordinamento è strutturato secondo esigenze e soprattutto secondo linee storiche ben precise: la Francia segue il modello cui è abituata da secoli ed ha un Presidente con ampi poteri, eletto direttamente dal popolo; la Germania, dopo il susseguirsi dei fallimenti istituzionali e dell’abisso scavato da Hitler e dai suoi complici di ogni luogo e di ogni peso, scelse la Presidenza puramente rappresentativa, mentre il potere legislativo è riservato alla Dieta federale, attraverso un complicato sistema di garanzie, di pesi e contrappesi; la funzione del Senato, doppione inutile finalmente superato in Italia, è in Germania rappresentato dal Consiglio federale. L’ordinamento Usa sta facendo i conti con la modernità, la necessità di maggioranze stabili e dei pericoli per la democrazia che un sistema – nato trecento anni fa in una nazione neanche ancora nata – si trova a gestire, democraticamente, nei nostri giorni difficili e oscuri.
Lo scrittore William Faulkner scriveva che “il passato non muore mai. E non è nemmeno passato”.
La nostra è una democrazia parlamentare; fonda, cioè le sue ragioni di diritto sull’equa ripartizione di poteri: legislativo (le due camere); esecutivo, ossia il potere di rendere esecutive le norme, attribuito agli organi che compongono il governo e, alle dipendenze di questo, la pubblica amministrazione; giudiziario (applicazione delle leggi). La nostra Costituzione permette al Presidente della Repubblica di “allargarsi”, di non essere soltanto rappresentativo, ma anche sostanzialmente dotato di poteri di indirizzo e di scelta. Un sistema equilibrato ma delicatissimo, che va utilizzato saggiamente, da persone competenti e in buona fede, non attraverso i social o scandalose manifestazioni di piazza. Le scelte popolari filtrate dai vari istituti democratici permettono risultati adeguati: basta far scorrere l’elenco dei Presidenti che in questo dopoguerra hanno servito la Patria con onore e fedeltà, rispettando il giuramento prestato all’atto della nomina, secondo il disposto dell’articolo 91 della Costituzione: «Giuro di essere fedele alla Repubblica e di osservare lealmente la Costituzione». Tutti, secondo la propria cultura, esperienza, carattere, inclinazione, hanno saputo trovare un metodo per servire al meglio la Repubblica. Saprà farlo, ne sono certo, anche il prossimo. Senza bisogno di arrivare alla elezione diretta, apoteosi del sentimento popolare e populistico, che agita la vita di questi anni.
Vedi anche Omaggio a David Sassoli