di Pino Moroni e Piero Bonacci
È stato molto interessante seguire la visita guidata teatralizzata su Il Caso Moro. L’Italia che poteva essere, organizzata da I viaggi di Adriano in collaborazione con la Compagnia Teatrale Fenix 1530 Luca Basile Production.
La visita seguiva fatti avvenuti circa 40 anni fa nel contesto naturale (monumenti, palazzi, vie ed angoli nascosti) dell’area di Torre Argentina, via Caetani e Ghetto, con una valenza politica più che romana, nazionale ed internazionale.
Il regista Luca Basile infatti ha ripreso il suo copione per uno spettacolo sul Caso Moro, ambientato nelle quinte di una Roma affascinante e misteriosa, soprattutto dalle conclusioni dei lavori della Commissione parlamentare Moro 2, presieduta da Giuseppe Fioroni e dalle rivelazioni emerse dalle desecretazioni dei documenti americani ed inglesi di quel periodo (anni ’70).
Lo spettacolo è iniziato alla cosiddetta Torre di Dante in Largo Argentina, con la guida coordinatrice di Luca Pietrosanti, che ha fornito auricolari per entrare nella cronaca dei fatti del rapimento, prigionia ed uccisione di Aldo Moro, attraverso registrazioni audio, telegiornali, telefonate, letture di lettere, musiche dei Virginiana Miller e dovute spiegazioni su una tematica così complessa non ancora pienamente in luce.
Il gruppo è arrivato al primo set o scena (Piazza Locatelli), passando per via Caetani in cui era stato ritrovato in una Renault 4 lo statista ucciso, dove l’interprete misurato del Generale Dalla Chiesa (Luca Basile) stava informando un suo collaboratore pieno di carattere (Giovanni Bonacci) sullo ‘strano’ scioglimento del Nucleo Antiterrorismo che aveva già arrestato i capi storici delle Brigate Rosse, Curcio e Franceschini.
La tormentata pessimistica constatazione del Generale allo stupefatto reattivo collaboratore è che nel momento in cui li avrebbero richiamati sarebbe stato troppo tardi, perché ci sarebbero stati già troppi morti anche importanti.
Nel secondo quadro, avvenuto di fronte alla chiesa di S. Maria in Campitelli, si è assistito all’incontro-scontro tra l’irritato ambasciatore inglese a Roma Alan Campbell (Luca Basile) con un più riflessivo funzionario americano (Giovanni Bonacci). Il diplomatico, in una riunione segreta precedente al suo incarico, tenutasi a Parigi tra quattro paesi della Nato (Inghilterra, Stati Uniti, Gran Bretagna e Francia) aveva appoggiato la proposta di un’azione di sostegno ad azioni sovversive in Italia in favore degli interessi atlantici, vista che la politica indipendente di Moro nei confronti dell’est e del medio-oriente (la deriva comunista dell’Italia) era ormai per tutti fuori controllo (informazioni desecretate).
Tra i due, in toni concitati si parlava di destabilizzazione del paese, contrarietà al compromesso storico, smantellamento della troppo potente industria pubblica italiana e ritorno dell’Italia a pensare in piccolo.
Intanto la registrazione ci raccontava l’attentato di via Fani, la reclusione di Moro a via Massimi poco lontano dal rapimento, in una palazzina dello Ior in cui c’era anche una compagnia americana, copertura dei servizi segreti (Commissione Moro 2).
Mentre ci avviavamo a via Sant’Angelo in Pescheria dietro al Portico d’Ottavia, venivano lette le struggenti lettere di Moro a sua moglie Eleonora ed a Zaccagnini, suo successore nella segreteria della Democrazia Cristiana.
Nel terzo set due personaggi si confrontano, Frank Coppola, esponente della mafia italo-americana (Giovanni Bonacci) ed un prelato importante, Don Antonello Mennini (Luca Basile) che aveva un rapporto privilegiato con le B.R. per cui molte lettere venivano inviate a lui, da consegnare ad altri destinatari.
Il supponente mafioso parla dell’operazione chirurgica del rapimento Moro, organizzata da Hyperion, fondata a Parigi da estremisti di sinistra collusi con i servizi segreti, che prendeva committenze di quel genere.
Il boss della mafia dice:
“c’è stata la collaborazione tra parti dell’esercito clandestino anticomunista nelle forze di polizia e dello Stato, i servizi segreti dei paesi alleati, le agenzie di terrorismo interno e internazionale, le mafie, la criminalità organizzata, lo Ior, ecc.. Moro voleva un governo di solidarietà? La solidarietà l’ha avuta, di tutti contro di lui però.”
E’ stata letta in registrazione la lettera commovente al piccolo nipote Luca e quella molto amara per il comportamento della DC di Zaccagnini. Si è anche parlato dei 10 miliardi raccolti dal Papa Paolo VI e delle trattative di Paolo Signorile con uno scambio di prigionieri BR, che non si conclusero per la morte di Moro. In registrazione anche la telefonata all’assistente Franco Tritto per avvertire la famiglia dove ritrovare il corpo di Moro.
Il tour si conclude nei pressi di Largo Argentina, a piazza Costaguti, con due BR (Luca Basile e Giovanni Bonacci) che bisticciano perché non riescono a portare a termine il delitto (il killer sarà come da nuove rivelazioni rispetto alle falsità del memoriale delle BR, il criminale comune Giustino De Vuono).
Mentre si ascolta la commovente lettera di Moro, cosciente della sua fine alla sua amata Loretta, il personaggio attore che è intervenuto in più momenti, entrando nelle scene, si è rivelato la guardia del corpo di Moro, il maresciallo Oreste Leonardi (Massimo Genco) il quale ha raccontato l’eroismo dei suoi uomini nell’attentato di via Fani ed ha loro reso onore.