a cura di Letizia Piredda
Questo bellissimo corto di Ettore Scola, segnalato da Gianni Sarro, è stato Presentato al Quirinale il 27 gennaio 2012, durante la Cerimonia di celebrazione del Giorno della memoria. Sono nove minuti. Sei per ricordare, due per il tempo che passa, uno per fermarci sugli occhi di chi ha vissuto e sa che cosa significa accogliere.
Ghetto di Roma, 16 ottobre 1943. Una fila di deportati sale su un camion targato SS. Un bambino occhialuto riesce a sfuggire alla sorveglianza dei soldati che controllano il defluire dei prigionieri. Scappando per i vicoli, trova rifugio in una sala cinematografica. Sullo schermo passano immagini del duce, di Hitler, e dei grandi capolavori del neo-realismo e della commedia all’italiana: Roma città aperta, Ladri di biciclette, I soliti ignoti, Il sorpasso.
Scena dopo scena compaiono tutti i capisaldi del cinema italiano, dal Gattopardo alla Tregua, passando anche per Nanni Moretti.
L’immagine diventa a colori, e il bambino è diventato anziano. Siamo nel 1997. Un giovane extra comunitario entra nella sala trafelato. Adesso è lui a essere inseguito. Il vecchio e il ragazzo si guardano. L’ebreo sorride, il migrante risponde.
Qualsiasi considerazione tecnica su questo corto, che per altro è costruito con grande maestria, diventa pleonastica di fronte all’idea che veicola: quella di un cinema che accoglie, che ripara, che salva , che sostiene, dove l’arte si fa morale, paladina dei diritti imprescindibili di ogni essere umano.
Di Ettore Scola abbiamo apprezzato e applaudito i numerosi e bellissimi film, ma questo corto ci sembra un regalo speciale perchè è qualcosa che resta lì, pronto ad accogliere, dopo il bambino ebreo e il ragazzo extracomunitario, il prossimo perseguitato in fuga.