Nelle prime sequenze di Vertigo[1] in un inseguimento sui tetti di San Francisco il poliziotto John Ferguson, rimane sospeso nel vuoto aggrappato a una grondaia, e vede un collega precipitare al suolo nel tentativo di salvarlo. Quest’incidente sarà la causa della sua successiva acrofobia, a seguito della quale si dimetterà dalla polizia. L’acrofobia, detta comunemente vertigine, consiste nella paura delle altezze e dei luoghi elevati.
Ne L’insostenibile leggerezza dell’essere Milan Kundera rende molto bene il concetto di vertigine: Chi tende continuamente verso l’alto deve aspettarsi prima o poi d’essere colto dalla vertigine[2]. Vertigine che non è solo paura di cadere, ma è l’attrazione che si prova verso il precipizio, come se venisse meno internamente l’istinto di sopravvivenza che ci porta a tirarci indietro.
Hitchcock rende in modo magistrale la percezione di questo aspetto mediante l’uso prospettico della verticalità: numerose sono infatti le inquadrature vertiginose di tetti, scale, finestre. A partire da L’uomo che sapeva troppo (1956), Hitchcock arrivò a sfruttare al massimo le potenzialità espressive degli ambienti, fino a farne un potente veicolo del mondo interiore.
Note
[1] La donna che visse due volte (Vertigo), 1958 di Alfred Hitchcock
[2] Milan Kundera. L’insostenibile leggerezza dell’essere. Adelphi, 1986