Milos Forman, regista autore di storie e di personaggi fuori dagli schemi

di Pino Moroni
artapartofculture.net

Miloš Forman nasce in Cecoslovacchia nel 1932 e studia nella scuola di Cinema di Praga. Negli anni ’60 arriva alla regia e dirige tre piccoli capolavori (L’Asso di picche 1964, Gli amori di una bionda 1965 e Fuoco ragazza mia 1967) che diventano cult movies per gli appassionati del cinema, che in quell’epoca seguono i film della nouvelle vague non solo francese.

Forman è un giovane che narra l’incomunicabilità tra un vecchio modo di pensare, fatto di convenzioni sociali retrive e morali tradizionali e nuovi modi di essere di una società in evoluzione. Viene censurato e messo da parte.

In seguito all’invasione sovietica del 1968 si trasferisce negli Stati Uniti. La commedia americana è ancora ingessata in commediole stupide (sophisticated comedies), Forman – non senza difficoltà – riesce a dirigere nel 1971 Taking Off, che tocca provocatoriamente e causticamente la puritana società americana.

C’è il bere, la droga ed il mondo libero dei giovani. E ci sono anche i vecchi che cercano di imitare stolidamente questo nuovo mondo disinibito ma ancora intimamente ipocrita ed acritico. Anche questo film si rivelò un cult per i giovani del ’68, che guardavano all’America, al New Cinema, ai figli dei fiori.

Taking off, 1971

Nel 1975, con Qualcuno volò sul nido del cuculo, Forman riesce a sviluppare la sua filosofia di vita ed artistica, la difficoltà di essere normali quando si ama la libertà e la gente. Il film girato tutto in un manicomio, con uno stupendo Jack Nicholson, è l’apologia dell’uomo uscito dalle rivoluzioni degli anni ’70, che nessun potere, con tutte le sue strategie e regole riesce a piegare (l’infermiera Louise Fletcher). Solo con l’aiuto di una lobotomia si potrà spegnere uno spirito libero e solidale con gli altri emarginati. Vincitore di cinque premi Oscar, i più importanti: miglior filmregiasceneggiatura, attore ed attrice principali.

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Qualcuno volò sul nido del cuculo, 1975

Da lì in poi, Miloš Forman racconterà sempre, con una coerenza non ripetuta da nessun altro autore, di personaggi fuori dagli schemi che per mantenere il loro ruolo sacrificano la carriera ed anche la vita.

Storie di grandi geni perdenti-vincenti (il musicista W. Amadeus Mozart, l’editore Larry Flint, il comico Andy Kaufman, il pittore Francisco Goya)Riesce a realizzare, dopo dieci anni dal movimento dei figli dei fiori, il film che più li rappresenta: la trasposizione del musical Hair (1979). Per il regista, che intuisce la nuova restaurazione è come rinfrescare un’epoca, ed è ancora un inno alla libertà dal convenzionalismo.

Hair, 1979

Con Amadeus del 1984 il regista ceco ritorna in patria, gira a Praga adattando per lo schermo il testo teatrale di Peter Shaffner e vince otto Oscar, miglior film, regia, sceneggiatura, scenografie, costumi, sonoro, trucco e attore principale (F. Murray Abraham). La storia di Mozart e di Salieri è l’incontro tra il genio della composizione che si autodistrugge e la pedante accademia musicale che lo logora e vanifica. Ritorna e viene sviluppata con grande sensibilità la filosofia di fondo che ispira l’intera opera del regista: la rozzezza e la spontaneità delle persone creative ma ribelli in ogni contesto umano contro la modestia e la rabbia impotente dei mediocri, ma inseriti nelle regole ferree e meccaniche di qualsiasi società strutturata e repressiva.

Amadeus, 1984

Nel 1996, con il film Larry Flint – Oltre lo scandalo, si fonderanno due concetti fondamentali che regolano la nostra società: l’editore della rivista porno “Hustler” lottando per la libertà di stampa e di opinione, cardine essenziale della costituzione e della società americana, subirà cinque processi per oscenità e vilipendio, e ridotto su una sedia a rotelle per un attentato, riuscirà ad avere una piena assoluzione e sarà riconosciuto come il prototipo dell’eroe americano della frontiera. Ulteriore esempio di un genio che paga sulla sua pelle la ribellione al convenzionalismo.

Larry Flynt – Oltre lo scandalo (The People vs. Larry Flynt), 1996

Con Man on the moon del 1999, biografia del comico showman Andy Kaufman, Forman filma, con uno spostamento progressivo della sua teoria universale, il genio che raggiunge l’eresia pura e supera ogni schema logico. Anticonformismo e surrealismo si toccano in una imprevedibilità che spiazza anche il cinefilo più raffinato.

Ma è proprio su questa strada che bisogna seguire Milos Forman per capire il cinema che verrà. Che ne ha fatto frutto e poi stravolgendolo ne ha tratto vantaggio: la banalizzazione del nonsense di cui è piena la produzione attuale.

Invece il gusto del comico Kaufman di prendere in giro lo spettatore, alternando cose serie e scherzi crudeli, con sdoppiamenti di sé stesso e dubbi amletici sulla sua recitazione o realtà è quanto di più intelligente si possa volere da un grande showman, con le sue continue idee e sorprese. Ma come in tutti i personaggi di Forman anche quest’ultimo subirà l’ostracismo delle leggi ottuse dello spettacolo e sarà spesso abbandonato, per la sua avanzata originalità, dal grande pubblico. Solo il grande ingegno o la lucida follia di Kaufman gli permetterà di ritrovare il successo più volte, finché malato di cancro effettuerà forse l’ultimo scherzo di un grande creativo: rinascere.

L’ultimo inquisitore (2006) è il film sulla vita artistica e sociale dell’epoca di un grande personaggio illuminista, Francisco Goya (1746-1828), pittore di corte ma dalla forte indipendenza artistica: misconosciuto nel suo tempo come ribelle creativo, apparentemente non combattivo contro quell’establishment conservatore, soprattutto ecclesiale, che trattava gli esseri umani come bestie (le famose torture della Santa Inquisizione).

L’ultimo inquisitore, 2006

Anche l’arte è politica – diceva Forman sul film – e poi occorre vedere le tele sulla Inquisizione od i Dipinti Neriall’epoca non conosciuti, per capire la visione contraria a quel mondo oppressivo e tragico dell’artista Goya”. Del resto la frase dell’artista, titolo di una sua opera importante, “Il sonno della ragione genera mostri” è una delle frasi più riprese nella storia dell’umanità (particolarmente adatta nel periodo in cui viviamo, n.d.r.).

La oppressione e la libertà sono sempre stati il leitmotiv di Miloš Forman, grande regista oggi scomparso, che aveva subito nella sua vita il nazismo, il comunismo e non da ultimo, il convenzionalismo puritano americano.

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