di Letizia Piredda
Ho fatto due film paralleli dice Truffaut in un’intervista sul film[1]. E questo ci fa ricordare che Truffaut fa parte della Nouvelle Vague e che i suoi esperimenti non sono mai eclatanti come quelli di Godard, che, al contrario, ci restano molto bene impressi nella memoria.
Ma questo film è considerato anche il più hitchcockiano dei film di Truffaut. E qui il collegamento ce l’abbiamo molto presente: la lunga intervista di 50 ore a Hitchcock diventò un libro che ha cambiato la storia dell’arte filmica e ha influenzato generazioni di registi. [2]
Ma andiamo con ordine e ritorniamo al primo punto.
Cosa vuol dire che ha fatto due film paralleli? Diciamo che si è divertito a operare uno scollamento tra immagine e sonoro: le immagini, infatti, ci fanno vedere una donna che fa vari spostamenti, incontra degli uomini e li uccide. Diversamente se ascoltiamo il sonoro, non c’è mai un riferimento all’azione, ma sentiamo delle conversazioni sull’amore, sul modo in cui gli uomini (ogni uomo in un modo diverso) vedono le donne.[3]
Inutile dire che ci troviamo spiazzati e non poco: ma allora è un thriller o è un film d’amore? Volevo fare un film d’amore senza che ci fosse neanche una scena d’amore aggiunge Truffaut, sempre nella stessa intervista, e infatti non c’è un bacio, niente.
E allora? E’ un film d’amore che utilizza una trama poliziesca [3] molto semplice e lineare.
Ma in che senso è un film hitchcockiano?
Il prologo dove Julie, dopo aver tentato il suicido, finge una falsa partenza, salendo su un treno e scendendo dalla parte opposta, è molto hitchcockiano, oltre che un diretto omaggio a Marnie.
La struttura ellittica del film , che unisce i singoli episodi, non dice nulla su come ha fatto Julie a rintracciare i 5 uomini, e a individuarne la condizione sociale e la psicologia. Truffaut come Hitchcock non si preoccupa in nessun modo della verosimiglianza.
Ma la componente hitchcockiana più importante che Truffaut riprende in questo film, sta nel modo in cui procede la narrazione, e cioè basandosi continuamente sul ragionamento del pubblico. Ecco come ce lo spiega Truffaut: il primo uomo Claude Rich: “Che cosa vuole lei da lui?” “Guarda, lo uccide!” Il secondo uomo, Michel Bouquet: “Caspita sta per ucciderlo.” Il terzo uomo, Daniel Boulanger: “Guarda, non sta andando come sembrava.” Alla fine: “ Si farà prendere, ma no, sembrava che…”. “Gli faremo credere che…” che si innamorerà di Charles Denner, per esempio.
Ci sono però altri elementi che sono in totale antitesi con l’universo hitchcockiano.
Prima di tutto la protagonista è una che si fa giustizia da sé, e non ha nulla a che vedere con i personaggi di Hitchcock, innocenti ritenuti ingiustamente colpevoli.
Inoltre la suspence viene volutamente ridotta da Truffaut che si sofferma sui particolari creando dei tempi morti, cosa che Hitchcock non poteva sopportare.
E infine, contravvenendo alle regole del thriller, al secondo omicidio, ci svela cosa spinge Julie a uccidere con tanta determinazione ed efferatezza, facendoci vedere il primo flashback sulla morte di David, il marito di Julie.
Quando ho visto questo film non mi è piaciuto molto, ma mi ha molto incuriosito, perché non riuscivo a incasellarlo e cercando di approfondire ho capito meglio il perché: un film d’amore senza una scena d’amore, con una trama poliziesca, dove le immagini seguono un filo, e i dialoghi un altro, che per alcuni versi utilizza il modello hitchcockiano, ma che per altri lo contraddice…
Direi che l’insieme di queste riflessioni ci porta ad una considerazione finale: con questo film forse riusciamo a cogliere come l’incontro tra la Nouvelle Vague, con tutto il suo bagaglio creativo di sperimentazione etc, e la forma filmica hitchcokiana potesse produrre una combinazione esplosiva e foriera di soluzioni nuove, altamente originali e atipiche, come in tutti i movimenti artistici d’avanguardia.
Non sarà un caso che il film è del 1968!
La Sposa in nero di Francois Truffaut, 1968 con Jeanne Moreau, Claude Rich, Jean-Claude Brialy, Michel Bouquet, Michael Lansdale, Daniel Boulanger
Note
[1] Anne Gillian, Tutte le interviste di Francois Truffaut. Gremese, Roma,1990, pp. 115-122
[2] François Truffaut, Il cinema secondo Hitchcock. Il Saggiatore, 2014
[3] Consiglio di fare voi stessi la prova: vedete una parte del film senza il sonoro, e poi ascoltate il sonoro (senza le immagini) dello stesso pezzo. Risultano due cose del tutto staccate.
Anche io,come Letizia ,sono molto perplessa sul film e continuo a vedere più le differenze abissali che le poche somiglianze formali con Hitch.L’atteggiamento seduttivo della donna è una specie di ossessione di Truffaut mentre le attrici di Hitch seducono in modo talmente sottile che lo spettatore quasi non se ne accorge.
La vendetta al cinema è un sentimento puro, il vendicatore va dritto al suo obiettivo,non si lascia distrarre da nulla.
È un film sull’amore, sulla leggiadria femminile, su uomini superficiali e un po’ tontoloni che si scompensano per un paio di gambe.
Sembra un film fatto da Truffaut