Proprio ieri, parlando con un’amica, dicevo che l’Azzurro Scipioni era l’unico cineclub che era riuscito a passare indenne dagli anni ’70 fino ai nostri giorni. Anche il Filmstudio , qualche anno fa aveva dovuto chiudere i battenti. E oggi arriva fresca fresca la notizia della sua riapertura : con grande gioia pubblichiamo l’articolo di Paolo Boccacci, comparso su La Repubblica di oggi.
la Redazione
Il Filmstudio, la storica sala di via degli Orti d’Alibert 1, a Trastevere, il tempio del cinema che dalla fine degli anni Sessanta è stato pietra miliare della cultura romana, risorgerà. La Regione ha dato il via ad un progetto di riqualificazione che, in accordo con i direttori artistici Armando Leone e Stefano Pierpaoli, sarà ultimato entro la prossima estate. Delle due sale rinnovate, una sarà mantenuta per le proiezioni, l’altra per eventi, presentazioni e rassegne, servita anche da una piccola caffetteria. I lavori, per i quali è stato stanziato, anche con fondi europei e bonus energia, un milione di euro, inizieranno entro l’anno dopo la gara d’appalto e permetteranno l’apertura dello spazio anche la mattina, con corsi di formazione sul cinema per giovani e per studenti delle scuole. Mentre ricominceranno gli appuntamenti con i film, dedicati come sempre alla scoperta del nuovo. « Bernardo Bertolucci – scherzano Leone e Pierpaoli – in questa occasione, avrebbe detto “ Filmstudio, la donna che visse tre volte».
E pensare che sembrava come scomparso con lui, il mitico Americo Sbardella, critico cinematografico, intellettuale raffinato, gran conoscitore del cinema d’autore, magro, un bel paio di baffi, che dal 2 ottobre del 1967 aveva regalato a Roma un telone per cinefili, con un’altra icona, della celluloide e del femminismo, la documentarista Annabella Miscuglio, e lo sceneggiatore Paolo Castaldini. Viaggiarono negli States e portarono il New American Cinema, i Mekas, i Warhol, i Brakhage, da gustare insieme all’underground italiano, al mondo del super8, da Baruchello a Lombardi, a Vecchiali. E poi spuntò Nanni Moretti, con Io sono un autarchico, che esordì con una prima proprio al Filmstudio, il cineclub frequentato da Langlois e Godard, e che rendeva omaggio a Wim Wenders, Werner Herzog e Rainer Werner Fassbinder.
I primi a scoprirlo furono i fratelli Taviani. «Era un luogo – diceva Bertolucci – dove si mostravano cose che non si potevano vedere in nessun posto a Roma. Era un miracolo » . E la prima nazionale di Nel corso del tempo di Wim Wenders? « Era notte” confessò lui “ io ero giovane e non parlavo italiano e c’erano grandi registi e grandi artisti in sala. Mi sembrava di stare in paradiso » . Ma qui venivano anche Alberto Moravia, Pier Paolo Pasolini, Roberto Rossellini, Dacia Maraini, Michelangelo Antonioni e Eric Rohmer.
Contro la prima minaccia di sfratto tuona proprio Moravia: « Se chiuderà dovrò trasferirmi a Parigi » . Ma lo sfratto arriva nel 1985 e da allora è un peregrinare per mezza Roma, fino a quando il 25 settembre del 2000 il Filmstudio non recupera la sua sede storica, comprata dalla Regione. Poi nel 2003 muore Annabella e nel 2017 Americo. La serranda si abbassa. Ma ora il primo cineclub d’Italia, quello che il musicista Alvin Curran definiva «una bomba atomica di cultura caduta pacificamente su Roma”, tornerà con la sua storia e molto più, come un vero e proprio polo di ricerca sul cinema.
Come sarà Il rendering del futuro cineclub Filmstudio a Trastevere