di Pino Moroni
George Simenon (1903- 1989) un belga di lingua francese, con le sue circa 500 opere letterarie, tradotte in 58 lingue e gli oltre 700 milioni di copie vendute è tra i primi tre autori francesi di sempre, insieme a Jules Verne e Alexandre Dumas. Impossibile non aver letto qualcosa di Simenon vista la sua prolificità in diversi generi e sottogeneri letterari, dal romanzo popolare a quello d’appendice, dal noir al poliziesco al romanzo psicologico. Si considerava un buon artigiano che guadagnava molto (pubblicato da tre case editrici) pur non rinunciando alla qualità.
Anche se spesso usava un ripetuto rituale di scrittura che applicava alle sue tumultuose e sovrabbondanti idee. Cominciava a pensare ai personaggi. Era il personaggio che faceva la storia, diceva Simenon nelle sue interviste; i personaggi da cui partiva gli indicavano poi come, messi di fronte ad un dato evento, cominciavano a reagire. Poi iniziava la redazione del testo, da un minimo di una settimana ad un massimo di 15 giorni. Quindi le rifiniture: un mese circa tra il concepimento e la revisione conclusiva. Ogni volta ne usciva completamente svuotato. Il suo ricorrente schema di base era parlare dei mediocri che non riescono a trovare un posto nel mondo. Tutti cercavano un’esperienza diversa. Cercando una vita sognata tali personaggi arrivavano anche al delitto ed al fallimento in ripetute crisi esistenziali, familiari e sociali.
Simenon è ricordato sempre per i suoi romanzi gialli di cui molti adattati per il cinema, la televisione. Ma soprattutto viene ricordato per le inchieste del Commissario Maigret, che creò pian piano come personaggio all’inizio degli anni ’30.
Il fortunato protagonista di tanti romanzi (75 romanzi e 28 racconti) scritti dal 1929 (Pietr le Letton) al 1972 è stato fin da subito protagonista al cinema ed alla televisione diventata spettacolo di massa. Poi riproposto al pubblico in molteplici versioni ed adattamenti (sceneggiati e serie televisive). Anche il teatro e la radio gli hanno riservato una certa minore attenzione (si ricorda ancora la voce di Alberto Lionello che ci ha restituito in Rai le atmosfere descritte dal celebre scrittore), come anche i fumetti, sia francesi che italiani. Circa 50 film e 200 produzioni televisive nel mondo, dal Giappone agli Stati Uniti, dall’Olanda all’Unione Sovietica. Nel 1932 il primo film importante La notte dell’incrocio di Jean Renoir con il fratello Pierre Renoir nella parte di Maigret. Nel 1950 L’uomo della Torre Eiffel di Burgess Meredith con Charles Laughton, nel 1959 Maigret e il caso Saint-Fiacre con Jean Gabin, nel 1967 Maigret a Pigalle di Mario Landi con Gino Cervi. Solo alcuni esempi più conosciuti.
Maigret è un uomo semplice e piuttosto banale, privo di capacità intellettive superiori. Rappresenta il piccolo borghese, l’uomo normale della porta accanto. Un uomo qualunque, sempre con le stesse abitudini.
La moglie Henriette, donna dall’aspetto dimesso, è una perfetta casalinga, interlocutrice ideale e garanzia di sicurezza domestica. La mattina Maigret va in ufficio al Commissariato di Quai des Orfévres e la sera ritorna a casa da sua moglie in Boulevard Richard Lenoir.
Diverso da tutti i poliziotti investigatori sia americani (sempre pronti con le armi), sia inglesi con le loro complicate deduzioni mentali, Maigret è un eroe umano del mondo latino con tutte le debolezze borghesi, buona cucina, birra, pipa, una vita fatta di affetti e pantofole. Sempre pronto a chiudere un occhio e ad identificarsi con chi è in stato di bisogno, chi è stato offeso, ferito o soffre. Un personaggio chiave dell’immaginario popolare europeo, scritto con stile semplice, quasi elementare, con solo 2000 parole e pochissimi aggettivi.
Ho rivisto in questi giorni in cui la memoria collettiva ha riscoperto l’epoca d’oro della televisione italiana, alcune trasmissioni degli anni ‘60/70, tra cui gli sceneggiati tratti dalla letteratura classica (es. I fratelli Karamazov) e le serie poliziesche (es. Nero Wolfe). E nel rivedere un paio di Maigret ho ricordato Un incontro con i protagonisti avvenuto nel 2010, nell’ambito della retrospettiva del Giallo in bianco e nero. Erano presenti ancora in forma Mario Maranzana (il braccio destro ispettore Lucas) e Gianni Musy (ispettore Lapointe), interpreti della prima serie di Maigret diretta da Mario Landi ed interpretata dal mostro sacro Gino Cervi, ricordato come l’unico, il vero ed il solo Maigret, rafforzato dalla grande stima che aveva di lui Simenon stesso.
A detta dei due attori il romanziere e l’attore si facevano complimenti a vicenda e Simenon telefonava per suggerimenti e consigli sui suoi successivi romanzi. Furono prodotti 16 sceneggiati con 35 puntate per 4 stagioni dal 1965 al 1972. I due ‘ispettori’, oltre la perfetta aderenza al personaggio letterario di Cervi, hanno ricordato la magistrale regia di Mario Landi, le sceneggiature dello scrittore e commediografo Diego Fabbri. E poi c’erano i grandi interpreti Andreina Pagnani, Sergio Tofano, Cesco Baseggio, Anna Miserocchi, Evi Maltagliati, Ugo Pagliai, Franco Volpi, Andrea Checchi. La canzone “Un giorno dopo un altro” del sempre imbronciato Luigi Tenco e quella di Tony Renis “Frin, Frin, Frin” che accompagnava l’inizio e la fine dello sceneggiato.
Mario Maranzana ha raccontato alcuni aneddoti.
“Avevo fatto La bugiarda di Diego Fabbri e conoscevo già Andrea Camilleri che lo aiutava e così mi chiamarono per fare l’ispettore Lucas. La prima serie (1965) era in diretta e Cervi rischiava l’infarto perché non si poteva sbagliare. Io lo imitavo in tutti i suoi originali tic, una sua brutta copia, ma lui non se ne accorgeva perché sempre intento a far finta di escogitare qualcosa per leggere invece qua e là pagine e battute del copione. Un giorno mi disse che aveva saputo che lo prendevo in giro e che Simenon stesso gli aveva telefonato per confermare che quello che facevo era esattamente quello che lui aveva pensato. Per me in Maigret sotto inchiesta Gino Cervi ha lasciato il suo testamento spirituale di bravura e di più intensa identificazione con il personaggio.
Non feci la seconda serie (1968) perché non mi avevano avvertito ed ero già impegnato. Passai alla Rai mentre stavano girando e Mario Landi mi disse: vieni che facciamo uno scherzo a Gino Cervi. Era nella sua stanza di commissario. Bussai, entrai e lui:
“Lucas che sorpresa, dove sei a Marsiglia”.
Cominciò ad improvvisare. La produzione mi fece segno di tagliare ed andare via.
“Capo (mi ero io inventato quella parola che poi usavamo tutti)
purtroppo devo andare via”.
Ma intanto avevano girato tutto e la scena dell’incontro è poi andata in onda anche senza aver fatto il contratto, ma avevo ancora una volta recitato con quel formidabile carismatico Maigret”.
Gianni Musy ha quindi ricordato che Cervi voleva divertirsi quando girava, per cui ogni variazione di quel dannato copione, la faceva diventare un divertimento.
“Avevo già lavorato in televisione al programma brillante Invito al sorriso. Con Mario Landi avevo fatto La granduchessa e i camerieri con Wanda Osiris e Billy e Riva. E così mi proposero di interpretare l’ispettore Lapointe. Sul set si doveva parlare veloci per essere vicini al francese e magari anche dire qualche parola in francese. Io poi avevo sempre la sigaretta in bocca e Gino Cervi mi stava sempre a dire “Non ho capito niente”. Era diventato un bel tormentone accettato però anche dal regista e dalla produzione”.