di Patrizia Montani
La quindicesima mostra del Cinema di Venezia del ’54 sarà ricordata a lungo per alcune polemiche.
La giuria internazionale, presieduta da Ignazio Silone, assegnò un controverso Leone d’oro a Romeo e Giulietta di Castellani, non assegnò la Coppa Volpi femminile ( malgrado le eccellenti candidature di Giulietta Masina e Alida Valli), ignorò completamente sia La finestra sul cortile di Alfred Hitchcock, sia Il fiume e la morte di Bunuel, suscitò aspre polemiche l’assegnazione del Leone d’argento a ben 4 film ex equo: Fronte del porto di Elia Kazan, I sette samurai di Akira Kurosawa, L’intendente Sansho di Kenji Mizoguchi e La strada di Federico Fellini.
Quest’ultimo premio, peraltro non previsto, data la fredda accoglienza ricevuta dal film alla presentazione, scatenò una bagarre con vere e proprie scazzottate tra felliniani e sostenitori di Visconti, il quale, non aveva ricevuto alcun premio per Senso.
Da allora tra i due registi ci fu una forte rivalità, qualcuno disse profonda inimicizia, probabilmente fomentata dai rispettivi ammiratori.
I due artisti non potevano essere più diversi. Nobile, milanese, raffinato allievo di Jean Renoir e gradito alla Sinistra il primo; piccolo borghese, romagnolo, cattolico e allievo di Rossellini il secondo.
Per alcuni anni si evitarono, scambiandosi velenose frecciatine a distanza; Fellini si rifiutava di vedere i film di Visconti, Visconti vedeva i film di Fellini, salvo poi commentare dicendo che la nobiltà è descritta con gli occhi di un cameriere.
Finalmente tra il 1960 e il 1963, dopo che Fellini aveva diretto Le notti di Cabiria, La dolce vita, Boccaccio ’70 e 8 e 1/2 e Visconti Le notti bianche, Boccaccio 70, Rocco e i suoi fratelli e Il Gattopardo, ed avendo ricevuto entrambi il riconoscimento della loro grandezza, l’inimicizia si dissolse come neve al sole.Vi furono manifestazioni di stima e anche di affetto quando, anni dopo, Visconti si ammalò.
Negli anni nei quali il cinema italiano, anche grazie ad Antonioni, si affermava a livello internazionale, in Italia la censura si abbatteva sia sul regista comunista che su quello cattolico.
Ne La dolce vita fu censurata la scena nella quale dalla cupola di San Pietro vola il cappello da monsignore indossato da Anita Ekberg e si ingrandisce fino a coprire completamente la città; Rocco e i suoi fratelli poi, fu censurato in alcune scene e si impedì che al film fosse assegnato un ben meritato Leone d’oro; Visconti ebbe però il Premio della giuria.
Le evidenti diversità delle tematiche e dello stile narrativo non impedì ai due registi di contendersi i migliori professionisti ed i migliori attori del momento.
MARCELLO
Mastroianni conobbe Visconti sul set di Tosca di Jean Renoir nel 1941. Fu proprio l’aiuto regista a presentare all’attore Flora Carabella, apprezzata attrice di teatro, che Mastroianni sposò nel ’50, avendola contesa a Manfredi.
La collaborazione tra Visconti e Mastroianni durò alcuni anni; Marcello ebbe a dire in seguito di sentirsi profondamente un attore di teatro, di indole decisamente cechoviana, (tra le opere realizzate con Visconti Lo zio Vania del 1957); nella stessa compagnia Paolo Stoppa, Rina Morelli e Vittorio Gassman..
Quando Fellini irruppe nella vita di Mastroianni proponendogli La dolce vita, avendolo preferito a Paul Newman, per la sua faccia qualunque, Marcello stava per mettere in scena un’opera di Platanov; accolse il complimento con un mite sorriso e, dopo una travagliata decisione di accettare ne parlò con Visconti il quale, a sua volta, sorrise benevolmente e incoraggiò Mastroianni, rimandando Platanov all’anno successivo. Sappiamo come andò: l’attore ebbe un successo internazionale, nacque la lunga collaborazione con Fellini, del quale divenne l’alter ego.
Mastroianni riassume così il suo rapporto con i due registi: Visconti è il professore che tutti vorrebbero avere, Fellini è l’amico ideale.
Negli ultimi anni della sua vita Marcello tornò al teatro; gli furono offerte varie opportunità, tra le quali Broadway con Sofia Loren per recitare Filumena Marturano di Eduardo, ma la Loren non volle; gli attori di cinema temono il teatro, diceva Mastroianni.
La morte raggiunse Marcello solo poche settimane dopo la sua ultima replica a Napoli de Le ultime lune di Furio Bordon, per la regia di Giulio Bosetti.
Nella sua autobiografia dice: ogni sera, in scena , recitando, non riuscivo a controllare l’emozione, un vero attore come Gassman ci sarebbe riuscito.
Il protagonista aspettando il figlio che lo porterà in una casa di riposo dice Vorrei morire a Natale. Mastroianni morì il 19 dicembre 1996.
NINO
Giovanni Rota Rinaldi, barese, di famiglia di musicisti, musicista a sua volta, collaborò per circa 20 anni sia con Visconti che con Fellini.
Quattro film con Visconti, di cui due colonne sonore originali, Le notti bianche e Rocco e i suoi fratelli e due adattamenti, la settima sinfonia di Anton Bruckner per Senso e il valzer brillante di Giuseppe Verdi per la celebre scena de Il Gattopardo.
Per Fellini Rota musicò quasi 20 film da Lo sceicco bianco a Prova d’orchestra che uscì nelle sale poco dopo la sua morte.
Ciò che noi oggi chiamiamo felliniano (aggettivo che suscitò l’ironia di Fellini), quell’insieme di atmosfere sognanti e grottesche , sono probabilmente create in egual misura dalle immagini e dalle musiche , così tra loro perfettamente compenetrate.
CLAUDIA
Come Mastroianni anche Claudia Cardinale fu rapita da Fellini a Visconti. L’attrice dovette dividersi tra il set de Il Gattopardo e quello di 8 e 1/2, passando dal ruolo della bella e ambiziosa Angelica a quello della Claudia felliniana, vestita di bianco, circonfusa di luce, simbolo di purezza e, per la prima volta, con la propria voce.
BIBLIOGRAFIA
Oscar Iarussi, Amarcord Fellini. Il Mulino, 2020
Marcello Mastroianni, Mi ricordo, sì io mi ricordo. Baldini&Castoldi, 2013