In occasione del 100 anni della Garbatella pubblichiamo l’intervista di Stefano Petrella all’ex bambino di Ladri di biciclette, film icona del neorealismo, comparsa oggi su Repubblica
la Redazione
«Un giorno un giovanotto ha lasciato la bicicletta qui fuori al bar, per una commissione veloce. “Può darmi un occhio alla bici per qualche minuto?” Mi ha chiesto, ma quando è uscito un mio amico non ha potuto non prenderlo in giro. “Altro che controllarle, lui le bici le ruba!”». Enzo Staiola — tra i testimonial della Guida di Repubblica dedicata al quartiere Garbatella — aveva appena nove anni quando diventò per il mondo intero il personaggio iconico del bambino di “Ladri di biciclette”, il film del 1948 diretto da Vittorio De Sica. Cosa successe dopo l’uscita del film? «Ho lavorato per decine di set in tutto il mondo, dagli Stati Uniti all’Inghilterra, anche al fianco di Silvana Pampanini (“Marechiaro”) e ricevendo proposte milionarie da grandi case di produzione come la Metro-Goldwyn-Mayer. Agli inizi degli anni Cinquanta mi offrirono un contratto di sette anni ma lo rifiutai, perché all’epoca qui in Italia guadagnavo molto di più. Poi qui avevo la mia famiglia, eravamo cinque fratelli, e mio padre, operaio della fabbrica d’armi Breda, che dal momento in cui diventai famoso fu per lungo tempo il mio accompagnatore, e mia madre, che aveva un banco di frutta al Colosseo. Infatti nei miei primi anni di vita, seppur originario di San Giovanni, abitavo in via Capo d’Africa». E quando invece scopre la Garbatella? «Da bambino, vivo qui dal ’49, sempre in piazza Augusto Albini, infatti sono spesso al Bar del Cappuccino. Ai tavolini esterni che al mattino sono esposti al sole, ogni giorno faccio colazione intrattenuto da un continuo via vai di amici e conoscenti che mi trasmettono un grande affetto da parte di tutto il quartiere». Ha mai girato in zona? «Sì, per il film “Strano appuntamento” con Umberto Spadaro, ma per il resto nel quartiere ho la mia vita di tutti i giorni, dove coltivo ancora le mie passioni, come il ballo, e dove sono arrivati, grazie all’università “Roma Tre”, tanti ragazzi a viverci, senza cambiarla però nella sua essenza. Ancora ci conosciamo tutti e girano sempre le stesse persone». Come è cambiata negli anni? «Quando c’erano i Mercati Generali lavoravano tutti lì e la vita era molto diversa, era un quartiere laborioso, ma ancora oggi si svolgono tante attività, come la maratona del quartiere, a cui una volta ho anche partecipato, o il cinema all’aperto. E poi ci sono dei posti semplici dove mi sento a casa, come il ristorante L’Isola dei Sardi, dove vado spesso perché a dire il vero cucinare non mi piace proprio