Ri-cognizione in Trastevere 2

di Angela Solano e Antonio Celli

SECONDA STAZIONE
dove si parlerà dell’indimenticabile Pietro Cossa, e del cinema.
Ma anche di grandi trasformazioni  e dei movimenti di una stazione.

Dopo aver lasciato la scalinata ed esserci avviati, scendendo per Via Dandolo, verso la prossima Stazione, sotto occhi benevoli e protettivi

Murale in Via Morosini, opera di My Dog Sighs

ci fermiamo sull’angolo tra Via Morosini e Viale Trastevere: è la nostra seconda Stazione, dove avremo modo di parlare un po’ di Cinema(tografi) e delle trasformazioni del Rione.
Questa è l’area della città in cui si è avuta, storicamente, la maggiore presenza di sale cinematografiche, anche se nel presente, ovviamente, sono diminuite, secondo le dinamiche del settore. (passando dalle 13 sale nel periodo di massima presenza alle attuali due, il cinema Intrastevere e il Nuovo Sacher).
Qui, nell’angolo tra via Morosini e viale Trastevere, si trovava il Teatro Pietro Cossa, divenuto, con l’avvento del cinema, il primo  cinematografo del Rione.

Teatro Pietro Cossa, Viale Trastevere

Questa sala, demolita a causa della  costruzione dell’ Ospedale Nuovo Regina Margherita, era costruita parte in muratura e parte in legno e ricoperta da una semplice tettoia. Era stata eretta nel 1900 su progetto dell’architetto Achille Salvadori. Ettore Petrolini nel 1900 vi debuttò  a 16 anni. Un’altra sala di  proiezioni, legata anch’essa ad un’integrazione con attività teatrali, era la sala “Amor”: la sala del Teatro era stata ricavata nei locali al piano terra dell’ ex Monastero di S. Apollonia, vicino Santa Maria in Trastevere, e vi si esibivano alcuni dei principali artisti dell’epoca, come L. Fregoli e Petrolini; nel 1910 iniziarono le proiezioni cinematografiche. Successivamente, dopo essere stato trasformato in locale notturno, agli inizi degli anni ’60 tornò ad essere esclusivamente teatro, con il nome di Teatro Belli. Con l’inizio degli anni trenta si realizzarono nel rione numerose sale, a cominciare dal cinema teatro La Marmora, in via Natale del Grande (trasformato nel Cinema America negli anni 60′), il Novocine in via Cardinale Merry del Val dedicato esclusivamente alle proiezioni cinematografiche e che, nel 1988, dopo un lungo periodo di chiusura, verrà riaperto con il nome di  Alcazar e poi chiuso nel 2016); il cinema teatro Reale, inaugurato nel 1939, ubicato sul viale del Re (attuale Viale Trastevere), in seguito trasformato in multisala e recentemente chiuso.
Poco distante da quest’ultimo, sempre sul viale venne aperto il cinema Esperia  (poi cinema Roma ed infine da alcuni anni chiuso ) del dopolavoro dei Poligrafici dello Stato, dedicato esclusivamente a proiezioni cinematografiche, che ospitò anche le attività del Centro Cinematografico Popolare , organizzato e diretto da Mino Argentieri per l’Ente di Patronato INCA/CGIL . Venivano proiettate pellicole  non commerciali e di particolare impegno politico ed artistico; l’iniziativa ebbe un’intensa ma breve attività culturale, osteggiata e poi interrotta dalle autorità. Il film che causò la chiusura fu Die Letze Chance di Leopold Lindberg ( titolo italiano L’ultima Speranza , premiato a Cannes 1945) che fu proiettato in versione integrale , sfidando la censura italiana, che aveva eliminato alcune scene.
La costruzione della GIL (arch. Luigi Moretti 1937) e del Dopolavoro dei Monopoli di Stato (arch. Ettore Rossi 1938) in largo Ascianghi, hanno arricchito Trastevere di altre due sale cinematografiche: il cinema Induno e il cinema Nuovo, ma di queste parleremo in una successiva stazione.
Negli anni ’70, la trasformazione di Trastevere in area culturale di Roma , vide l’affermarsi di due piccoli cinema “ specializzati “: il cinema Pasquino in vicolo del Piede, dedicato a proiezioni in lingua inglese e il Filmstudio in via degli Orti d’Alibert, che proiettava pellicole fuori dal circuito commerciale: fu proprio in questo locale che venne proiettato per la prima volta  “Io sono un autarchico ” di Nanni Moretti. Completavano il panorama dell’offerta i due piccoli cinema parrocchiali  (i “pidocchietti”) di S. Francesco a Ripa e di S. Crisogono. L’ultima sala aperta nel rione è la multisala Intrastevere.
Dalla nostra posizione di osservazione, se volgiamo lo sguardo alla nostra destra e poi alla nostra sinistra, abbiamo sotto gli occhi il fattore primo di una grande trasformazione urbanistica che, a partire dal 1886, quando fu realizzato, modificherà completamente il quartiere: il viale Trastevere.
Il RioneTrastevere, sino all’annessione della città al nuovo Stato unitario, era strutturato secondo  due principali assi viari:

Pianta del Censo, 1866

-Via della Lungaretta (in azzurro) che ricalcava l’antico asse romano che conduceva all’attraversamento del Tevere
-Via di San Francesco a Ripa (in rosso) realizzata sotto Paolo V, che collegava S. Maria in Trastevere a S. Francesco a Ripa e al retrostante scalo di Ripa Grande (agevolando così il passaggio dei pellegrini verso S. Pietro).
La cinta delle Mura Gianicolensi  ne definiva i limiti verso l’esterno, lasciando comunque all’interno grandi spazi di non edificato che conferivano alla zona un carattere semirurale.
Alla fine degli anni ’50, due  interventi voluti da Pio IX avevano cominciato a produrre delle trasformazioni importanti:
-l’unificazione delle attività di trasformazione dei tabacchi, prima ripartite tra i laboratori dell’ Istituto San Michele, quelli di Santa Maria dell’Orto e quelli di Via Garibaldi, nella nuova Manifattura dei Tabacchi (in verde); nel 1863 verrà poi realizzato il “Quartiere Mastai” progettato dall’arch. Busiri Vici comprendente abitazioni  e servizi per gli operai che vi lavoravano.

Manifattura Tabacchi in Piazza Mastai
Manifattura Tabacchi in Piazza Mastai
Manifattura Tabacchi: Sala delle culle
Manifattura Tabacchi: Sala dell’allattamento

-la realizzazione della ferrovia Roma – Civitavecchia, la cui stazione di testa verrà realizzata vicino Porta Portese

Ferrovia Roma-Civitavecchia :la Stazione pontificia a Porta Portese

ed inaugurata nel 1859, che garantirà un più saldo legame tra la città ed il Porto, dato fondamentale questo, per la accentuata caratterizzazione che  aveva  Trastevere come area a vocazione industriale-produttiva  nel quadro della città.
I due interventi sono naturalmente molto attrattivi di traffici, movimenti e trasformazioni, anche se il collegamento tramite il nuovo Ponte dell’Industria con la Stazione Termini (1863) determinerà ben presto il momentaneo declassamento della Stazione Trastevere che, come vedremo, verrà più volte spostata.
Nel Piano Regolatore del 1883,

Piano Viviani, variante 1886

redatto da Alessandro Viviani, era prevista la realizzazione dell’asse di collegamento tra le aree centrali ed il Trastevere; questa previsione, unita alla successiva variante, genereranno il sistema Via Arenula, Ponte Garibaldi, Viale del Re.
Nella sua attuazione, l’impatto sarà ovviamente distruttivo rispetto alle parti di tessuto urbano coinvolte: in Trastevere verranno demoliti parti molto consistenti di tessuto antico, tra Via della Lungara e Via dei Vascellari, a cui si aggiungerà la demolizione di parte del nuovo “Quartiere Mastai”, l’interruzione della continuità di Via di S. Francesco a Ripa e la demolizione di un tratto delle Mura Gianicolensi. Il nuovo asse stradale, concepito secondo gli schemi “torinesi”, o, se vogliamo, “parigini”, con una carreggiata centrale di grande ampiezza e due fasce  laterali pedonali ed alberate, anch’esse di notevoli dimensioni, è completamente fuori scala rispetto al tessuto preesistente (come d’altra parte nel resto degli interventi contemporanei in Roma) e squarcia l’abitato in due settori distinti e, da allora, non più comunicanti. Il viale, originariamente denominato “Viale del Re”, ha una lunghezza di quasi 2,5 km, si inoltrava  nell’area non abitata che aveva inizio da Piazza Mastai e proseguiva oltre le mura sino alle estreme pendici del Gianicolo là dove poi, nel 1910, verrà realizzata la terza versione della Stazione Trastevere, quella che noi oggi conosciamo.
L’apertura del Viale del Re determinerà l’urbanizzazione della porzione intramuraria delle pendici del  Gianicolo (Monteverde vecchio, area di San Cosimato, Via Mameli ecc.) e, naturalmente, della zona pianeggiante  attraversata; l’architettura delle nuove aree costruite rispetterà ovviamente il nuovo paradigma piemontese, fabbricati compatti, di 6/7 piani, in lotti di grandi dimensioni per la nuova borghesia impiegatizia, e fabbricati a “villini” , di livello decisamente superiore, per la borghesia delle professioni e dei commerci. Accennavamo, in precedenza, alle “migrazioni” della stazione: l’iniziale, in prossimità della Porta Portese, viene in brevissimo tempo obliterata e sostituita, nel 1889, da una nuova e più funzionale stazione collocata sul nuovo viale, all’altezza dell’attuale Piazza Ippolito Nievo;

Stazione Trastevere in Piazza Ippolito Nievo
Viale del Re

anche da qui verrà presto spostata: la realizzazione del Ponte San Paolo, che consentirà un miglior collegamento con la Stazione Termini, la trasformerà definitivamente in una stazione di transito, più razionalmente posizionata sul prolungamento della Roma Civitavecchia (1910) in Piazza Flavio Biondo, mentre la vecchia struttura continuerà a funzionare come scalo merci ed officina veicoli sino al 1950.

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