Alcuni interventi urbanistici a scopo celebrativo ideologico propagandistico presso la città di Roma

di Stefano Cecini

Presentazione
Nell’ambito di un Corso di Cinema “Visioni Urbane, Roma nel cinema”, tenuto di recente dal Prof. Gianni Sarro, Stefano Cecini, il nostro amico ricercatore in storia medioevale, moderna e contemporanea, ha condotto alcune indagini di tipo storico-urbanistico, che hanno evidenziato i principali cambiamenti nella città di Roma in determinati periodi storici. L’indagine condotta in questo articolo si concentra nel ‘600, in particolare nel quinquennio corrispondente al pontificato di Sisto V, per arrivare fino al periodo fascista. L’articolo non fa riferimento ad un film , ma al suo interno ci sono alcuni filmati dell’Istituto Luce.

Il 24 aprile 1585 salì al soglio Pontificio con il nome di Sisto V, Papa Felice Peretti. Appartenente a un’umile famiglia delle Marche intraprese un eccellente percorso di studio e di crescita all’interno della gerarchia ecclesiastica che lo vide, tra le altre cose, commissario riformatore della Curia romana, reggente dell’Università di Venezia, docente alla Sapienza di Roma, Inquisitore, Vescovo della Diocesi di Sant’Agata de’ i Goti, e infine Cardinale[1].
Nonostante il suo breve pontificato, che terminò con la sua morte avvenuta il 27 agosto 1590, Sisto V è considerato uno dei pontefici più importanti del XVI secolo per l’impulso che egli seppe dare alla riorganizzazione sociale ed economica dello Stato Pontificio e – per quello che qui interessa – per l’avvio della ristrutturazione urbanistica in chiave moderna della città.

Ritratto di Sisto V wikisource.org

Il pontificato di Sisto V si inserisce nel percorso della Riforma Cattolica, che, come è noto, oltre agli aspetti teologici e dottrinari, interessò anche il campo delle arti. La Chiesa infatti, intendeva diffondere il nuovo pensiero cattolico anche attraverso le opere di artisti che, tramite il potentissimo mezzo delle arti visive, riuscivano a raggiungere gli animi e le menti anche della popolazione appartenente ai ceti più umili. È proprio durante il pontificato di Sisto V che “giungeva all’estremo la dissoluzione della tradizione linguistica rinascimentale”[2].
Allo scopo non si trascurò anche l’urbanistica. In tale senso appaiono esemplificativi gli interventi di Sisto V sull’assetto urbano della città Eterna. Il nuovo pontefice, anche allo scopo di valorizzare il giubileo, che egli si era infatti affrettato a proclamare, progettò un percorso per i pellegrini in visita presso la città Santa, che mirava a far coincidere il contenuto celebrativo ideologico con quello della vita quotidiana. Secondo il programma messo a punto da Sisto V, il pellegrino che giungeva a Roma attraverso la via Flaminia, doveva trovare un percorso già programmato per la visita alle sette chiese (le 4 basiliche, più San Lorenzo, San Sebastiano e Santa Croce in Gerusalemme). Gli interventi di Sisto V puntavano a creare un tessuto urbano policentrico. Tra i fulcri individuati dal progetto sistino, il principale era costituito dalla Basilica di Santa Maria Maggiore. Durante l’estate del 1585 iniziano i lavori per la realizzazione della cosiddetta via Felicita – oggi frazionata da un lato in via Sistina, via delle Quattro Fontane, via Agostino Depretis, dall’altro in via Carlo Alberto, via Conte Verde e via di Santa Croce in Gerusalemme – che congiunge Piazza di Spagna a Santa Maria Maggiore e a Santa Croce in Gerusalemme. Una seconda strada fu realizzata per collegare la Basilica Liberiana a San Lorenzo fuori le Mura, mentre una terza, via Merulana, già progettata da Gregorio VII, fu costruita per congiungere le due basiliche di Santa Maria Maggiore e di San Giovanni. A sua volta il Laterano fu unito con un rettifilo – lo “stradone” al Colosseo. Un futuro progetto avrebbe messo in comunicazione il più famoso monumento di Roma al Vaticano. Altro fulcro fondamentale del piano di Sisto V è Piazza di Spagna, nei progetti unita a Piazza del Popolo da un ramo del Tridente (la futura via del Babuino). Da essa attraverso l’antica via Trinitas (via dei Condottivia della Fontanella di Borghesevia del Clementino) si arrivava al Tevere e così al Vaticano. Piazza di Spagna, fino al ‘600 piazza di Francia per la presenza di proprietà francesi su Trinità dei Monti, e che poi prese il nome dell’ambasciata spagnola, è il luogo dove fisicamente e simbolicamente si svolge la lotta per il dominio della corte papale e- estendendo- del territorio italiano tra le due potenze: quella iberica e quella francese.

Valter Vannelli, Affresco della biblioteca apostolica vaticana dove è evidente il collegamento San Giovanni, Santa Maria Maggiore, Piazza di Spagna

Piano sistino. Morelli.it

Per sottolineare l’importanza degli snodi fondamentali del percorso, Sisto V fece collocare quattro giganteschi obelischi a piazza San Pietro (1856) a Santa Maria Maggiore (1587) a San Giovanni (1588) e in Piazza del Popolo (1589). Simboli urbanistici ma anche religiosi, a sottolineare la potenza della Riforma Cattolica su uno dei più classici simboli della paganità classica.

Gli Obelischi. Artwave.it

Questo è l’assetto cittadino che si mantiene grosso modo fino all’arrivo degli italiani. Lo stato unitario imprime alla capitale il suo segno con un’azione di forza impressionante, che sovverte la natura policentrica della città papalina che durava da secoli, e ne impone il centro unico di irradiazione ideologica – politica ai piedi del Campidoglio, dove con scelta mirata si colloca il monumento al Gran Re[3].
Tra i piani elaborati all’indomani della presa di Roma, quello del Viviani del ’73 pone le basi per la realizzazione delle due condizioni essenziali per l’abbattimento della Roma rinascimentale barocca policentrica, e cioè lo sviluppo della città a nord ovest, nel quartiere Prati, e il suo collegamento con il centro. Inoltre viene progettato il prolungamento di via di Ripetta verso sud fino al Tevere, e di via del Babuino a nord fino a via Nazionale. Così oltre al naturale collegamento nord sud, si assicurava il collegamento tra la città vecchia e la città nuova. Infine il Corso arrivava fino a Piazza Venezia e proseguiva fino a toccare il Colosseo e l’Esquilino. Solo dopo un lungo dibattito dal 1876 si inizia a realizzare lo sbocco di Via nazionale in piazza Venezia, che accogliendo anche via del Corso diventa il vero fulcro della Roma laica liberale, risultato di un processo che riesce finalmente a scardinare l’assetto della città papale, realizzando il passaggio da una città policentrica a una città monocentrica[4].
Infine con il successivo piano dell’83 si arricchisce di monumentalità il tracciato del futuro corso Vittorio, per la realizzazione del quale si attuano i primi espropri proprio in quest’anno. Inoltre l’effettiva monca realizzazione di questo piano, che non prevede il prolungamento di via di Ripetta, vede svilire l’importanza della funzione dell’antico tridente, mentre il lento avanzare dei lungotevere distrugge nella zona di Tor di nona, tra Ponte Sant’Angelo e ponte Umberto, lo snodo dell’antica via Trinitas, che attraverso la spezzata di Trinità dei Monti e la via Felice assicurava il collegamento eccentrico tra i due poli della città papale, San Pietro e San Giovanni. E’ il caso più clamoroso di un’iniziativa urbanistica che tende le spalle a San Pietro[5].

Piano del 1883. Foto tratta da B. Tobia, cit. Tav A4, p, 44

Il piano regolatore dell’83, fissa a Piazza Venezia una sorta di T rovesciata, un complesso viario in cui si colloca una monumentalità altrettanto rigida rappresentata dalla decisione politica di collocarvi lì, e non a Piazza Vittorio o all’Esedra, il monumento al Gran Re. Piazza Venezia rappresenta quindi il punto focale del sistema urbanistico che sovverte lo storico sviluppo direzionale della città, e insieme, è il punto di partenza della Roma pedagogica[6].
La Roma Sistina, aveva costruito un percorso celebrativo che esaltasse i valori politici religiosi; la classe liberale tenta di fare altrettanto, naturalmente a scopi patriottici nazionali; anzi tenta di trasformare, attraverso l’invenzione monocentrica, tutta la città in un unico strumento celebrativo. I liberali tentano di costruire un percorso celebrativo dei valori nazionali e patriottici attraverso la realizzazione di monumenti mastodontici individuando in piazza Venezia il punto focale della città. Qui sta l’importanza di Piazza Venezia e la costruzione del mausoleo a Vittorio Emanuele[7]. Statua gigantesca, persa però poi sullo sfondo di uno scenario ancora più solenne e maestoso.

Pranzo all’interno del monumento a Vittorio Emanuele II

Come le basiliche cristiane, il monumento a Vittorio Emanuele II diventa meta di veri e propri pellegrinaggi laici[8]. Quando, con colpevole ritardo il Governo deciderà di celebrare la memoria e l’eroismo di quanti con il sacrificio della vita avevano contribuito a concludere l’intero processo risorgimentale combattendo e morendo nella grande guerra con la tumulazione di un soldato ignoto, la collocazione di esso non poteva essere quindi che Piazza Venezia. Nel novembre del 1921, dopo la solenne cerimonia del riconoscimento della salma da parte di una madre che ha perso il proprio figlio in guerra, il trasporto della salma da Re di Puglia fino alla capitale, che vede una forte e commossa partecipazione di folla, il milite ignoto viene solennemente tumulato in quello che diventerà l’Altare della Patria.

Trasporto della salma del Milite ignoto e sua arrivo in Piazza Venezia

Per quelle crudeli ironie della Storia, la tumulazione della salma del Milite Ignoto a piazza Venezia fu l’ultima occasione in cui l’Italia liberale, che tanto aveva faticato per costruire il nuovo regno, ebbe modo di celebrare la vittoria nella grande guerra.
Già l’anno successivo infatti, una nuova classe politica si era affacciata al potere. Mussolini, con un’abilità politica fuori dal comune, in parte inconsapevole, in parte accompagnata da una buona dose di fortuna, attraverso la decisione di cambiare la sede del Capo del Governo da palazzo Chigi a palazzo Venezia e, soprattutto, attraverso il semplice gesto di affacciarsi al balcone di quella che i suoi predecessori avevano reso la più importante piazza cittadina e nazionale, facendo leva sui loro sforzi, ribalta su di sé i risultati pedagogico – patriottici fino ad allora ottenuti, incarnando egli stesso quei valori nazionali e riuscendo finalmente a coinvolgere la grande massa della popolazione povera e contadina che aveva partecipato alla guerra e che mal si identificava con la classe dei notabili che aveva fatto l’Italia. Piazza Venezia diventa teatro dell’acclamazione della nuova unità nazionale raggiunta sotto il fascismo, che esclude gli antifascisti, ma accoglie, – non senza imbarazzi – gli afascisti e meta ultima e principale di nuovi pellegrinaggi romani, meno laici di quelli liberali e sicuramenti più vicini, in quanto a religiosità, a quelli sistini.

Il monumento a Vittorio Emanuele, l’Altare della Patria, diventano semplici scenari per le manifestazioni fasciste – l’oro alla patria, la proclamazione dell’Impero, la dichiarazione di guerra -inondate da plaudenti folle oceaniche.

500 giovani hitleriani, ospiti dell’O.N.B. al foro Mussolini e a piazza Venezia per rendere omaggio al Milite Ignoto e per salutare Mussolini.
Qui di seguito il riferimento di altri due filmati:
Giornale Luce B / B092209
Folla acclamante il Duce in Piazza Venezia.
Giornale Luce B / B023705
Accompagnati dalle alte gerarchie del partito i Sansepolcristi sono giunti a Roma. Dopo aver reso omaggio al Milite ignoto e ai caduti della Rivoluzione fascista dal cuore della immensa folla accalcata in Piazza Venezia essi acclamano il Duce.

Gli interventi del fascismo sul territorio urbano della capitale, per quanto caotici e dirompenti, sembrano segnare, con lo sventramento della spina di borgo, la costruzione di via dell’Impero e di via dei Trionfi (che esaltano la funzione di Piazza Venezia fulcro cittadino, nazionale, imperiale addirittura) i lavori all’augusteo, la costruzione del Foro Mussolini, la progettazione della nuova Roma per l’EUR, la Mostra della Rivoluzione Fascista a via Nazionale, la realizzazione della Casa per gli invalidi e i Mutilati alle spalle di Castel Sant’Angelo, et altri, rappresentano forse un tentativo di ritornare alla politica pontificia per la quale il contenuto celebrativo ideologico coincideva con quella della realtà quotidiana.

Bibliografia Oltre i testi citati in nota e i riferimenti disponibili in rete, la stesura di queste righe si basa essenzialmente sul testo ampiamente citato ma che qui occorre segnalare con particolare evidenza di Bruno Tobia, Una patria per gli italiani, Gius Laterza & Figli, Roma-Bari, 1


[1] Cfr. Silvio Giordano, “SISTO V, papa”, in Dizionario Biografico degli Italiani, Volume 93, 2018.

[2] Cfr. Carlo Bertelli, Giuliano Briganti, Antonio Giuliano, Storia dell’arte italiana, Electa – Bruno Mondadori, 1991, Milano, p. 268.

[3] Cfr. Bruno Tobia, Una patria per gli italiani, Gius Laterza & Figli, Roma-Bari, 1998, p. 43

[4] Cfr. Bruno Tobia, Una patria per gli italiani…cit, p.37 e ss.

[5] Cfr. Bruno Tobia, Una patria per gli italiani…cit, p.42.

[6] Cfr. Bruno Tobia, Una patria per gli italiani…cit, p.43

[7]Cfr. Bruno Tobia, ibidem

[8] Cfr. Bruno Tobia, Una patria per gli italiani…cit, p.100 e ss.

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